La siccità continua a non dare tregua all’Italia in generale, e al Nord in particolare. Nell’immediato futuro la situazione meteo non migliorerà: secondo ilmeteo.it, infatti, dopo una mini tregua grazie all’anticiclone delle Azzorre, dal 15 luglio il Paese sarà investito da una nuova ondata di caldo eccezionale e soprattutto non pioverà fino a settembre.
Bisogna intervenire, infatti a breve il governo dovrebbe portare sul tavolo del Cdm, un decreto Siccità che andrà a completare l’opera iniziata con i primi via libera agli stati di emergenza presentati dalle Regioni. Servono, però, investimenti e su questo punto interviene ad Aosta il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, denunciando lo stato della rete idrica italiana, definita un “colabrodo“. Per “tapparla” il responsabile del Mite ha ricordato che ci sono 2 miliardi previsti dal Pnrr. Ma non solo, visto che nel Piano “abbiamo previsto 40 nuovi invasi, perché si calcola che un quarto della precipitazione media annuale garantirebbe tutto il fabbisogno dell’agricoltura: si tratta solo di raccoglierla questa pioggia. Anche se piove di meno, comunque piove“, spiega. Complessivamente nel Piano nazionale di ripresa e resilienza ci sono 4,38 miliardi per fronteggiare la crisi idrica: “Queste cose sono state pensate a febbraio e marzo del 2021, quando l’emergenza non c’era, per mettere in sicurezza un Paese che ha diversi problemi“, ricorda. Sottolineando che servono cambiamenti anche in uno dei comparti strategici per l’economia italiana: “L’irrigazione agricola – afferma – andrebbe tecnologizzata e migliorata fondamentalmente proprio come metodi“. Per questo circa 600 milioni di euro del Pnrr sono destinati a “una grande operazione su purificazione e riutilizzo delle acque reflue, perché sprechiamo un sacco di acqua usandola una volta sola e via“.
Anche secondo l’Istat il cambiamento climatico pesa in parte sull’emergenza in atto, mentre rappresenta un problema serio la debolezza strutturale del sistema idrico italiano. L’Istituto nazionale di statistica ha spiegato che nel 2022 è in atto il terzo evento siccitoso grave in dieci anni, particolarmente acuto nel Nord-ovest. Gli effetti per l’economia, anche attraverso le ripercussioni sui prezzi dei beni stagionali ad elevata frequenza di acquisto e sulla disponibilità di acqua potabile, dipendono sia dai cambiamenti climatici sia dalle vulnerabilità strutturali del sistema di approvvigionamento, distribuzione e impiego dell’acqua. Per l’Istat “la possibilità di razionamento delle forniture idriche nelle aree più colpite avrebbe effetti significativi in primo luogo sul comparto agricolo e sull’uso civile, che assorbono rispettivamente il 50% e il 36% del totale dei consumi idrici“. Nel quadro delle misure per la tutela del territorio e della risorsa idrica, il Pnrr destina 4,38 miliardi alla gestione sostenibile delle risorse idriche lungo l’intero ciclo, con l’obiettivo di migliorare la qualità ambientale delle acque marine e interne. “Si tratta di risorse fondamentali per iniziare un profondo rinnovamento infrastrutturale e gestionale” conclude l’Istat.
Per quanto riguarda la situazione di laghi e fiumi, secondo l’Anbi (Associazione nazionale bonifiche e irrigazioni), ad eccezione del Maggiore, al Nord crollano i livelli dei grandi laghi (tutti abbondantemente sotto la media), con il Lario che scende addirittura oltre 32 centimetri sotto lo zero idrometrico, superando il minimo storico, registrato nel 1976. Il Garda invece è sotto il 50% di riempimento (47,9%). In Valle d’Aosta, le recenti piogge (circa 90 mm) non bastano a fare uscire la regione da uno stato di siccità estrema, soprattutto nei territori centrali, ma corroborano le portate di Dora Baltea e torrente Lys, che restano sopra la media mensile. In Piemonte, secondo l’Anbi, permane una situazione a macchia di leopardo: crescono i flussi di Orco, Sesia e Stura di Lanzo mentre calano Tanaro e Stura di Demonte. Il deficit pluviometrico di giugno è stato di oltre il 60% nei bacini Agogna Terdoppio, Scrivia Curone e Tanaro, mentre le piogge sono aumentate nelle zone di Toce, Ticino, Sesia e Dora Baltea. Nella regione decrescono inoltre le portate del fiume Po, che mostrano invece timidi segnali di ripresa nel tratto fra Lombardia ed Emilia Romagna; a Pontelagoscuro, nel Ferrarese, le portate di giugno hanno mediamente registrato -85% sulla media, mentre ai rilevamenti di Cremona, Piacenza e Boretto rimangono abbondantemente al di sotto del minimo storico, fin qui registrato.
In Lombardia resta praticamente invariata l’insufficiente portata dell’Adda, mentre le riserve idriche restano inferiori di oltre il 61% alla media storica e -65,2% rispetto all’anno scorso. Nel Veneto, dove a giugno sono caduti mediamente 51 millimetri di pioggia ( -47% sulla media storica), la provincia di Rovigo resta a secco (caduti circa 4 millimetri). I bacini fluviali tra Livenza e Piave e quelli del Sile, del Fissero-Tartaro-Canal Bianco, nonché del bacino scolante nella laguna di Venezia registrano deficit pluviali, superiori all’80%. In Emilia Romagna permane l’emergenza idrica con le portate dei fiumi Reno (mc./sec. 0,5) e Secchia (mc./sec. 1,1) sotto i minimi storici, mentre i bacini piacentini di Mignano e Molato risultano invasati, alla fine di giugno, rispettivamente per il 46,7% e 21,2% con volumi idrici complessivi, praticamente dimezzati rispetto all’anno scorso.
Infine, per dare un po’ di ossigeno ai campi, Edison fa sapere di stare proseguendo su base volontaria, in coordinamento con gli altri operatori energetici, con i rilasci d’acqua a valle degli invasi della Valtellina avviati lo scorso 16 giugno. La decisione è stata presa insieme a Regione Lombardia, per supportare l’uso irriguo e il mantenimento del livello del lago di Como. A causa dei limitati accumuli nevosi e a una riduzione delle precipitazioni di circa il 60% nel primo semestre dell’anno, spiega la società, le produzioni idroelettriche registrano una contrazione delle produzioni di oltre il 50% rispetto alle medie storiche.