Come difendere i cieli stellati e la biodiversità spegnendo la luce

L'inquinamento luminoso è riconosciuto come uno dei fattori trainanti del declino degli ecosistemi, insieme alla perdita di habitat e ai pesticidi

E se passassimo alla sobrietà luminosa? Per i difensori dei cieli stellati, la crisi energetica è un’occasione per mettere in guardia sulla minaccia ancora “sottovalutata” che l’inquinamento luminoso rappresenta per la biodiversità. “Osiamo la notte” è il grido d’allarme lanciato dal biologo svedese Johan Eklöf nel ‘Manifesto contro l’inquinamento luminoso’ tradotto in otto lingue, in uscita giovedì in Francia. L’ecologista vuole “risvegliare le coscienze” sull’oscurità naturale sempre più in declino a scapito della fauna notturna, rappresentata da un terzo dei vertebrati e da quasi due terzi degli invertebrati. Il suo libro invita a superare la nostra paura istintiva della notte, “per sentirla meglio, per preservarla meglio“, dice Johan Eklöf.
L’illuminazione artificiale globale, scrive l’autore, “rappresenta un decimo di tutto il nostro consumo di energia“. Specialista in pipistrelli, l’esperto ha osservato i danni causati dall’illuminazione sulle facciate delle chiese alla popolazione di questi piccoli mammiferi, che in Svezia sono già considerati in via di estinzione. ‘Osiamo la notte’ va incontro a scarafaggi, rospi, ricci, uccelli…creature abituate da milioni di anni a fare affidamento sulle stelle o sulla Luna per orientarsi, e che si ritrovano perse a causa di un’illuminazione eccessivamente intensa.

Le conseguenze? La falena catturata dal bagliore di un lampione che muore di stanchezza all’alba. Ma le considerazioni di Eklof vanno oltre e analizzano gli effetti su: impollinazione, caccia, riproduzione, deposizione delle uova, migrazione. È tutta l’attività dell’ecosistema ad essere compromessa, “anche negli oceani“, lamenta il ricercatore. L’inquinamento luminoso è riconosciuto come uno dei fattori trainanti del declino della biodiversità, insieme alla perdita di habitat e ai pesticidi. Ma i suoi impatti rimangono difficili da misurare e “la minaccia è sottovalutata“, dice l’esperto.

Qualcosa, però, negli ultimi anni è cambiato. A cominciare dalla nascita delle ‘riserve del cielo stellato’, scoperte in tutto il mondo dall’International Dark Sky Association (IDA), una ong ambientale che promuove l’illuminazione responsabile. L’associazione ha da poco assegnato 200 ‘etichette’ ad altrettanti luoghi del mondo, che portano a 160mila i chilometri quadrati di ‘riserva’. “Il nostro punto di partenza è l’astroturismo. È osservando la volta celeste che riconosciamo che l’inquinamento luminoso è un problema crescente“, spiega Ashley Wilson, director of conservation dell’IDA. “Sappiamo che dal 2007 – spiega – è in aumento del 2% all’anno su scala globale” e “che in Europa e negli Stati Uniti il ​​99% della popolazione non vive sotto un cielo stellato”.

Oggi, la crisi energetica potrebbe diventare una porta d’ingresso efficace per perorare la causa. “Qualsiasi iniziativa è buona“, insiste Ashley Wilson, accogliendo con favore le recenti misure per trasformare l’illuminazione pubblica a Parigi come a Pittsburgh… “Se possiamo spegnere la luce per risparmiare energia, allora possiamo farlo anche per la biodiversità“.