Ghiacciai in pessima salute. L’esperto: “In trent’anni perso il 50% della superficie alpina”
I cambiamenti climatici sono alla base dell'irreversibile processo di ritiro. Secondo l'esperto Colucci, negli anni si sono fatte scelte politiche a discapito dell'ambiente. Ora, si può solo tentare di arginare il fenomeno
Un cubetto di ghiaccio posto sul bancone della cucina e che, dunque, è destinato inesorabilmente a fondere, scomparendo. Renato Colucci, glaciologo dell’Istituto di scienze polari del Cnr, utilizza questa metafora per descrivere lo stato dei ghiacciai, in Italia e non solo, in un’intervista a GEA.
Dottor Colucci, qual è lo stato di salute dei ghiacciai?
“Pessima, fa troppo caldo. Certo, non a dicembre perché in generale fa più freddo, però il problema principale è che le temperature sono quasi costantemente sopra la media. In una situazione ideale, le temperature dovrebbero oscillare intorno alla media e gli estremi dovrebbero essere equamente distribuiti: 50% delle temperature al di sopra della media, 50% al di sotto della media. Invece siamo di fronte a uno sbilanciamento di queste percentuali, con un tangibile rialzo delle temperature”.
Quali sono le aree geografiche più a rischio?
“Partiamo dal presupposto che nessun ghiacciaio del pianeta sta vivendo una fase positiva perché sono tutti, in forma variabile, in riduzione. I piccoli ghiacciai hanno iniziato a reagire prima perché è insito nella loro natura rispondere prima a un input di cambiamento climatico. I grandi ghiacciai, come per esempio l’Adamello e il ghiacciaio Dei Forni, hanno subito contraccolpi impressionanti e visibili non solo da un anno all’altro ma, addirittura, da una stagione all’altra. Va ricordato inoltre che il 2022 è l’hannus orribilis per i ghiacciai, senza precedenti. Sulle Alpi infatti non si erano mai osservate riduzioni così importanti e neppure si era registrato questo caldo eccessivo che non appartiene alle nostre latitudini ma che è tipico, invece, delle zone del Nord Africa. Negli ultimi trent’anni, abbiamo perso il 50% della superficie glaciale alpina ed entro 20-30 anni tutti ghiacciai al di sotto dei 3.500 metri saranno scomparsi”.
Quali sono state le strategie errate, dal punto di vista politico e umano, che hanno generato questa situazione drammatica?
“Negli ultimi trenta, quarant’anni si è dato maggior rilievo agli aspetti economici, a discapito dell’ambiente; i comportamenti umani, il progresso della civiltà hanno richiesto una produzione smodata di energia, la quale ha causato una serie di inconvenienti tra cui, ovviamente, proprio la riduzione dei ghiacciai. I cambiamenti climatici attuali si concretizzano in estati sempre più lunghe e calde in contrapposizione a inverni sempre più corti e meno freddi, caratterizzati da una minore quantità di neve che cade sui ghiacciai. Temperature elevate che, ribadisco, non possono che nuocere alla salute dei ghiacciai”.
La situazione è dunque irreversibile. Ci sono strategie che potrebbero però essere adottate per poter arginare questo drammatico fenomeno?
“Si sarebbe dovuto intervenire, in forma preventiva, almeno trenta, quarant’anni fa. Adesso, anche un cambio di rotta senza precedenti e compiuto a una velocità straordinaria non sarebbe sufficiente per ripristinare la situazione originaria. Alcuni comportamenti, come la riduzione del riscaldamento globale, potrebbero comunque arginare questo fenomeno che porta a ulteriori pericolose conseguenze, come nel caso dell’innalzamento del livello del mare che interesserà tutti, indistintamente. Per fare un esempio pratico, se si versa dell’acqua in una bacinella, l’acqua si alza su tutta la superficie liquida, e non solo dove la verso”.