“Consumare Suolo in maniera indiscriminata significa anche favorire le calamità idrogeologiche. Un suicidio! Serve dunque una svolta, serve una nuova condotta improntata al senso della responsabilità di tutti, dai cittadini alle istituzioni. Meno consumo di Suolo e più rigenerazione urbana: da oggi dovranno essere questi gli obiettivi per i quali lavorare”. Il messaggio di Nello Musumeci, ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare, arriva forte e chiaro in occasione della Giornata mondiale del Suolo (World Soil Day 2022) promossa dalla Fao e sostenuta dalle Nazioni Unite. Il tema per il 2022 è ‘Il suolo: dove comincia l’alimentazione’. Secondo i dati del Rapporto Snpa 2022 dell’Ispra, che Legambiente riprende oggi, in Italia il consumo di suolo torna a crescere e nel 2021 sfiora i 70 km2 di nuove coperture artificiali in un solo anno, con una media di 19 ettari al giorno, il valore più alto negli ultimi dieci anni, e una velocità che supera i due metri quadrati al secondo.
In generale, la Fao sottolinea che, nel mondo, due miliardi di persone non hanno un apporto equilibrato di nutrienti nella propria alimentazione. La tutela del suolo è un obiettivo raggiungibile solo perseguendo azioni quali, per esempio, l’utilizzo sostenibile dei fertilizzanti, la ricarbonizzazione dei suoli, il miglioramento della mappatura di dati e informazioni a essi legati, il monitoraggio della fertilità del suolo.
Dal macro al micro. In Italia, è la Coldiretti a delineare lo stato dell’arte. “Negli ultimi 50 anni – spiega il presidente Ettore Prandini – è scomparso quasi un terreno agricolo su 3 (-30%) con la superficie agricola utilizzabile in Italia che si è ridotta ad appena 12,8 milioni di ettari a causa dell’abbandono e della cementificazione che rende le superfici impermeabili. Negli ultimi dieci anni, con le campagne l’Italia ha perso 400 milioni di chili di prodotti agricoli per l’alimentazione dell’uomo e degli animali, aumentando il deficit produttivo e la dipendenza dall’estero”. L’organizzazione sottolinea come occorra “accelerare sull’approvazione della legge sul consumo di suolo”, sottolineando che “è comunque positiva la scelta del Governo di investire nella manovra sul Fondo per il contrasto al consumo di suolo: 10 milioni nel 2023, 20 nel 2024, 30 nel 2025 e 50 milioni di euro all’anno nel biennio 2026-2027″. Finanziamenti fondamentali, ai quali si affiancano interventi “necessari di manutenzione, risparmio, recupero e riciclaggio delle acque con le opere infrastrutturali”, conclude l’associazione, ricordando che i cambiamenti climatici (nel 2022 si sono registrati tremila eventi estremi) e la sottrazioni di terra fertile capace di assorbire l’acqua danno vita a un micidiale mix i cui effetti si traducono, in oltre 9 Comuni su 10 (il 93,9% del totale) in aree a rischio idrogeologico per frane e alluvioni.
Su quest’ultimo tema si è espressa anche l’Anbi. L’alluvione nelle Marche dello scorso 15 settembre e quella nel comune sardo di Bitti nel novembre 2020 sono, per l’associazione, casi simbolo di disastri ambientali che hanno evidenziato l’importanza dei Consorzi per la Gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue che, però, da soli non sono sufficienti “di fronte alla velocità della crisi climatica e all’estremizzazione degli eventi atmosferici. Serve una visione politica, che ponga il territorio al centro, a iniziare dall’approvazione della legge contro il consumo di suolo, che giace da due legislature in Parlamento”, dichiara Massimo Gargano, direttore generale Anbi.
A questa richiesta di azione dal punto di vista legislativo, fa eco anche Legambiente. “Dall’approvazione, dieci anni fa, del ddl proposto dall’allora ministro dell’Agricoltura, Mario Catania – esordisce Stefano Ciafani, presidente Nazionale dell’associazione – l’Italia è in attesa di una legge per fermare il consumo di suolo. Da allora le proposte di legge si sono moltiplicate, ma una normativa non è mai uscita dalle secche della discussione parlamentare”. Una carenza normativa – secondo Legambiente – che fa il paio con la mancanza di un Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, anch’esso in stallo dal 2018, che Legambiente auspica possa essere approvato entro la fine dell’anno, come preannunciato dal governo Meloni dopo la tragedia di Ischia.
“Quanto lì accaduto – commenta Stefano Ciafani – mette la politica di fronte alla necessità di agire concretamente e in maniera tempestiva per dare al Paese una legge che rivesta un ruolo centrale contro il consumo indiscriminato di suolo e il dissesto idrogeologico”.