In Francia coltivazioni senza pesticidi

Utilizzare la biodiversità come mezzo di produzione è l'obiettivo dei ricercatori dell'Inrae che attraverso una piattaforma sperimentale esplorano i sistemi agroecologici su 50 appezzamenti di terreno

Come possiamo nutrirci domani preservando il pianeta? Su 120 ettari nella regione di Digione (Côte d’Or), i ricercatori dell’Inrae stanno testando ogni sorta di ipotesi di coltura, con o senza aratura, fertilizzanti o irrigazione, e senza pesticidi. L’idea è quella di “progettare sistemi agricoli senza pesticidi, utilizzando la biodiversità come mezzo di produzione” e coinvolgendo gli agricoltori, spiega Stéphane Cordeau, agronomo dell’Istituto Nazionale di Ricerca Agricola e Ambientale (Inrae). Il ricercatore sta gestendo una piattaforma sperimentale, chiamata Ca-Sys (co-designed agroecological system experiment), che sta esplorando sistemi agroecologici su 50 appezzamenti di terreno che intendono essere “efficienti dal punto di vista ambientale” ed “economicamente redditizi nel medio termine”.

Visto dal cielo, è un vasto puzzle giallo, verde e marrone, punteggiato da strisce di fiori ed erbe. I colori cambiano a seconda delle stagioni e delle rotazioni colturali, per un test su larga scala previsto nell’arco di dodici anni. Al tradizionale trio colza-grano-orzo di molte aziende agricole si aggiungono soia, girasole o piselli secondo varie formule, con rotazioni più lunghe, e talvolta combinazioni di colture, come grano e fave: queste ultime attirano gli uccelli e limitano la pressione delle malattie sulle prime. Il controllo delle erbe infestanti è meccanico e l’apporto di fertilizzanti azotati è limitato. “Qui ci assumiamo rischi che vanno oltre le possibilità degli agricoltori, esploriamo e impariamo dai nostri fallimenti“, spiega Stéphane Cordeau.

In Francia, dove il 35% di ciò che si mangia è legato all’azione degli insetti impollinatori, il piano Ecophyto, rivisto nel 2018, si è posto l’obiettivo di ridurre l’uso di pesticidi sintetici del 50% entro il 2025. Un obiettivo fissato per il 2030 a livello europeo. La piattaforma Inrae va ben oltre, non utilizzando pesticidi chimici né organici. Il 10% della sua superficie agricola utile è coperto da strisce fiorite ed erbose, che non producono semi ma forniscono “servizi ecosistemici“: ripristino della qualità del suolo e promozione della biodiversità. “Se si risolve sempre il problema, aggiungendo un diserbante, anche in modo episodico, non si saprà mai se i predatori riusciranno a gestire i parassiti“, sottolinea il ricercatore Xavier Reboud.

A quattro anni dal suo lancio, il progetto ha incontrato “impasse tecniche“: attacchi alla senape o alla colza, che consumano pochi pesticidi ma sono “difficili da produrre senza“. Ma c’è speranza: anche se l’équipe dell’Inrae “non ha ancora raggiunto i suoi obiettivi“, ha già ottenuto una resa di 50 quintali per ettaro per il grano (e punta ad altri 20), rispetto agli 80 quintali circa dell’agricoltura convenzionale e ai 40 di quella biologica. Bassa irrigazione, minori costi di pesticidi e carburante: “infine, da un punto di vista economico, il nostro bilancio è vicino a quello dell’agricoltura convenzionale“, vista l’attuale impennata dei costi dei fattori produttivi, afferma Xavier Reboud. “Dobbiamo prepararci a questa transizione” perché “la chimica, che ci ha permesso di ottenere rese eccezionali, ha esaurito il suolo e inquinato le falde acquifere” in un contesto in cui i cambiamenti climatici renderanno il lavoro degli agricoltori ancora più incerto. Per Stéphane Cordeau “c’è molto spazio di manovra per ridurre i pesticidi“. La transizione, che rappresenta una vera e propria scelta per la società, richiederà tuttavia un sostegno agli agricoltori e un cambiamento nella visione complessiva dell’agricoltura, ha avvertito.