Ogni anno in Italia si producono rifiuti tessili che oscillano tra le 130 e 150mila tonnellate, con una fisiologica flessione registrata nell’anno della pandemia (143.300 tonnellate nel 2020). Fino a quel momento, come spiega l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), la produzione è stata in continuo aumento: dalle 133.300 tonnellate del 2016 alle 157.700 del 2019.
IL 60% DEI RIFIUTI TESSILI VIENE RIUTILIZZATO, IL 30% RICICLATO
Attualmente, come riferisce l’Unirau, (Unione imprese raccolta riuso e riciclo abbigliamento usato), i rifiuti tessili provenienti dalla raccolta differenziata, dopo le lavorazioni di selezione, sono avviati al riutilizzo (circa il 60%) per indumenti, scarpe e accessori di abbigliamento utilizzabili direttamente in cicli di consumo; al riciclo (circa il 30%) per ottenere pezzame industriale (10%) o materie prime seconde per l’industria tessile, imbottiture, materiali fonoassorbenti (20%); oppure allo smaltimento (stimato in circa il 10%). Nell’insieme il settore impiega oggi circa 6.000 addetti. I tessuti, compreso l’abbigliamento, sono stati individuati come una categoria di prodotti prioritari nel Piano d’azione Ue per l’Economia circolare che prevede la proposta di una strategia per il tessile sostenibile e circolare, in vista della quale, nonché del possibile futuro schema di decreto ministeriale che conterrà l’introduzione della responsabilità estesa del produttore (Epr) dei prodotti tessili, Unirau alla fine di marzo ha predisposto e inviato al Ministero della Transizione ecologica (Mite) e ai principali rappresentanti della filiera un position paper sull’implementazione di un sistema Epr per il settore in Italia.
L’IMPEGNO DELL’ASSOCIAZIONE UNIRAU
“Obiettivo dell’associazione in questa fase delicata per il mercato che ha visto da pochi mesi l’entrata in vigore dell’obbligo di raccolta da parte dei Comuni – ha spiegato alla Rivista Regioni e Ambiente Andrea Fluttero, presidente di Unirau – è mettere a disposizione della politica e degli stakeholder l’esperienza maturata dagli attori della filiera in questi decenni in vista del cambiamento che attende il settore del tessile post consumo alla luce della ‘Strategia europea per il tessile’, che punterà a promuovere la circolarità e la sostenibilità dei prodotti tessili, sostenendo altresì la selezione dei relativi rifiuti, il riutilizzo ed il riciclaggio”.
CHIARIRE BENE IL SISTEMA EPR
Il documento dell’Unirau tocca diversi aspetti: dal campo di applicazione alla responsabilità dei produttori e ai costi di gestione; dal contributo ambientale ai sistemi di compliance fino alla raccolta e selezione, al ruolo della distribuzione e alla vigilanza e politiche per lo sviluppo del settore. Il position paper sottolinea anche la necessità di una definizione precisa del perimetro dei prodotti che diventano rifiuti tessili rientranti nel campo di applicazione dell’Epr, sia come tipologia sia come provenienza, al fine di definire quali rifiuti rientrano negli obblighi di raccolta e gestione previsti dal decreto, compreso l’assoggettamento al contributo ambientale applicato sul prezzo del prodotto. Fluttero spiega infatti “che non tutto l’abbigliamento usato è rifiuto tessile e non tutto il rifiuto tessile è abbigliamento usato”.
LE PRIME MOSSE DEL CONSORZIO RETEX-GREEN
L’Italia, nel recepire il Pacchetto economia circolare rifiuti che prevede la raccolta differenziata dei tessili entro il 2025, ha anticipato tale data al 1° gennaio 2022. E Sistema moda Italia ha già creato il consorzio Retex-Green che si occupa di raccolta e riciclo. “Ma la strada da fare è tanta”, aveva spiegato qualche giorno fa Alberto Paccanelli, leader di Euratex, in una intervista a Il Sole 24 Ore. Per passare dalla teoria alla pratica – si legge – Euratex ha iniziato a lavorare alla fine del 2020 alla ReHubs iniziative, che porterà entro l’anno alla creazione di cinque poli per la raccolta e il riciclo di rifiuti tessili e uno sarà in Italia.