Da quarto Paese più popoloso al mondo a quarta potenza mondiale entro il 2050, con un tasso di crescita che potrebbe più che triplicarsi in termini di Pil. Assieme a Cina, Cambogia e Vietnam, l’Indonesia registrerà il più alto tasso di sviluppo al mondo diventando una superpotenza economica. A sostenerlo sono decine di studi internazionali, tra cui quello del Growth Lab dell’Università di Harvard che ha recentemente aggiornato le proiezioni di crescita ne “The atlas of economic complexity”. I numeri sono a dir poco rilevanti: le stime prevedono che il Pil pro capite passi dai circa 13mila dollari del 2021 ai 40mila del 2060 (quota equivalente al Giappone di oggi) proiettando l’Indonesia tra le prime economie mondiali. Tuttavia, il futuro dell’ex colonia olandese trasformatasi a superpotenza non è del tutto roseo: centinaia di piccole isole dell’arcipelago sono destinate a essere sommerse a causa dei cambiamenti climatici e la stessa capitale sarà spostata da Giacarta a Nusantara, nel Borneo, poiché la megalopoli (10 milioni di abitanti) sta letteralmente sprofondando in acqua. Secondo l’Agenzia internazionale dell’Energia (Iea), l’Indonesia è attualmente la settima economia mondiale, ma anche la 12esima nazione per consumo totale di energia e il nono Paese per emissioni di CO2 da fonti fossili.
Sia per le enormi potenzialità e la ricchezza di materie prime, sia per raggiungere i target dell’Agenda Onu (e salvare se stessa), l’Indonesia si è impegnata a raggiungere quota zero emissioni nette entro il 2060 attraverso un ambizioso programma di transizione energetica che passa per l’efficientamento di edifici e industrie, l’aumento di fonti rinnovabili, la riduzione drastica di combustibili fossili e l’incentivazione della mobilità elettrica. La svolta green del settore energetico è dunque fondamentale per raggiungere l’obiettivo di neutralità climatica. Il piano è ambizioso anche per i numeri del comparto: nel 2019 ha prodotto qualcosa come 224 milioni di tonnellate di CO2, il 38% delle emissioni totali da fonti fossili. Considerando che la capitale Giacarta, centro finanziario ed economico del Paese, è una delle città più inquinate al mondo, gli sforzi da qui al 2060 devono essere titanici. La produzione di elettricità indonesiana d’altronde si basa ancora per il 60% sul carbone e l’intensità delle emissioni è tra le più alte dei Paesi del sud-est asiatico, con 760 tonnellate di CO2 per kWh (al 2019).
Nel case history dedicato all’Indonesia, la Iea cita il Piano nazionale dell’elettricità (RUKN 2021-2030) in cui viene fissato l’obiettivo del 23% di energie rinnovabili nel mix elettrico entro il 2025 (rispetto al 14% circa del 2021). L’utility statale Pln ha previsto di raggiungere la quota grazie allo sviluppo delle capacità idroelettriche, geotermiche e di combustione di biocarburanti e con la co-combustione di biomassa nelle centrali a carbone. Il piano prevede un uso relativamente scarso del solare fotovoltaico a causa del costo attualmente più elevato delle tecnologie specifiche in Indonesia. A livello globale, tuttavia, il solare fotovoltaico è diventato sempre più competitivo e la sua implementazione potrebbe essere piuttosto rapida grazie a uno dei tanti punti forti dell’economia nazionale: la manodopera. Ciò ha recentemente spinto il governo a redigere un nuovo piano sulle rinnovabili che promuove il fotovoltaico residenziale. La Iea prevede che per raggiungere il target zero emissioni tutta la capacità non impegnata e non allocata dal Piano energetico nazionale (circa 2,5 GW da nuove fonti rinnovabili) sia impegnata sul solare, il che significa che il fotovoltaico dovrà arrivare a capacità di 17,7 GW e una quota annuale del 10% nelle regioni di Java-Bali e Sumatra entro il 2025.
A incidere sulla svolta green indonesiana, spiega il dossier della Iea, sono appunto i costi. “Le normative attuali in Indonesia non consentono al fotovoltaico solare di competere a breve termine se si considera il costo totale del sistema. Tuttavia – si spiega nel documento – i piani a lungo termine per l’implementazione del fotovoltaico consentirebbero a un’industria locale di svilupparsi e offrire tariffe più convenienti. La rimozione dei sussidi alla produzione di carbone e l’introduzione del prezzo del carbonio migliorerebbero ulteriormente il business case di tutte le fonti rinnovabili”.
Lo studio dell’Agenzia internazionale dell’Energia non esamina in dettaglio il ruolo della co-combustione della biomassa, un contributo chiave nei piani della Pln per raggiungere l’obiettivo del 23% nel 2025. Ma si specifica che la co-combustione della biomassa nelle centrali esistenti può ridurre il predominio del carbone nel mix energetico.
Per trarre le proverbiali conclusioni, la Iea spiega che “dal punto di vista dell’integrazione del sistema, l’Indonesia può puntare a quote più elevate di energie rinnovabili rispetto a quelle elencate negli attuali piani per il 2025” e potrebbe persino fare di più “se si considera un mix di rinnovabili e altre tecnologie”, come l’idrogeno.