La pasta vince ancora all’estero: consumi in crescita in 8 ristoranti su 10

"Se la pasta italiana gode di tanto successo - dice Riccardo Felicetti, presidente dei Pastai Italiani di Unione Italiana Food - è merito del saper fare centenario dei pastai italiani"

Prima della pandemia, l’Economist incoronava la cucina italiana (di cui la pasta è regina) come “la più influente al mondo”, davanti alla giapponese e a quella francese. Nel 2022 ci sono 10 ricette di pasta nella Top 30 della Cnn sui “piatti italiani che tutti dovrebbero provare almeno una volta nella vita”. Una ricerca di Unione Italiana Food, realizzata in collaborazione con FIC – Federazione Italiana Cuochi e ITA – Italian Trade Agency, rivela come la pasta italiana viene proposta nel mondo, intervistando 60 cuochi e ristoratori italiani attivi in Germania, Francia, UK, USA, Giappone ed Emirati Arabi Uniti, tutti Paesi che rappresentano la spina dorsale e il futuro dell’export di pasta italiana. In occasione del World Pasta Day 2022 (25 ottobre), la ricerca entra nei ristoranti italiani all’estero per mostrare l’anima del pasta lover globale attraverso lo sguardo di chi la cucina quotidianamente. Sfatando alcuni pregiudizi e falsi miti, dall’extra-cottura alle ricette che non troveremmo mai nei menù dello Stivale.

Per l’82% dei ristorati interpellati, (le punte più alte in Giappone e Francia), il consumo di pasta è aumentato e determina il successo del locale per nel 67% dei casi (addirittura l’80% in Francia e Germania). Il 50% dei consumi di pasta nei ristoranti è coperto da pasta secca lunga, come spaghetti, linguine, bucatini e soprattutto liscia.

Se la pasta italiana gode all’estero di tanto successo e ha un percepito estremamente positivo – dice Riccardo Felicetti, presidente dei Pastai Italiani di Unione Italiana Food è merito del saper fare centenario dei pastai italiani. E di chi, nei ristoranti italiani nel mondo, la valorizza in piatti che trasmettono il piacere e la gioia del mangiare mediterraneo“.

All’estero si cucina seguendo il modello consueto (67%, con aficionados soprattutto in Francia e in Giappone), con acqua che bolle e fuoco acceso fino al raggiungimento dei tempi previsti, poi scolata e condita o, al massimo, (30%) risottandola (cioè cuocendola in padella con il condimento). Praticamente sconosciuta – 2% solo negli USA – la cottura cosiddetta passiva (pochi minuti di bollore poi fino a quando viene scolata a fuoco spento). Curiosità: il 22% dei ristoratori serve maxi-porzioni oltre i 100 grammi (addirittura il 60% nell’insospettabile Francia).

In compenso, la filosofia della pasta al dente, che è di fatto sinonimo di approccio italiano alla pasta, si è affermata anche all’estero. Lo afferma l’82% dei cuochi interpellati. In Francia e USA la pasta è al dente praticamente in tutti i ristoranti. Mentre il 18% – con punte del 40% in Giappone – si “piega” al gusto locale che a volte la preferisce stracotta. E sono anche pochi i compromessi rispetto agli usi locali: il 55% dei ristoranti serve ricette regionali italiane, il 31% ripropone la tradizione e solo il 14% ritiene che il glocal sia la strada giusta. La tradizione per eccellenza è quella mediterranea, a cui si ispira il 53% dei ristoratori.