Non tutto è oro quello che luccica. Esaminando i pellet di plastica riciclata raccolti in 13 Paesi, un gruppo di scienziati dell’Università di Göteborg ha trovato centinaia di sostanze chimiche tossiche, tra cui pesticidi e farmaci. Ecco perché la giudicano inadatta alla maggior parte degli usi e un ostacolo ai tentativi di creare un’economia circolare.
I rappresentanti di 175 Paesi si riuniranno da lunedì in Kenya per negoziare per la prima volta misure concrete da includere in un trattato globale vincolante per porre fine ai rifiuti di plastica. Gli scienziati esorteranno i delegati a prestare attenzione alle ultime scoperte scientifiche che dimostrano che non esistono plastiche che possano essere considerate sicure o circolari, poiché per la produzione vengono utilizzate sostanze chimiche tossiche e visto che ne assorbono altre durante l’uso.
“Il riciclo è stato propagandato come soluzione alla crisi dell’inquinamento da plastica, ma le sostanze chimiche tossiche presenti al suo interno ne complicano il riutilizzo e lo smaltimento e ostacolano il recupero“, afferma la professoressa Bethanie Carney Almroth, dell’Università di Göteborg.
Nello studio recentemente pubblicato su Data in Brief via ScienceDirect, guidato da Carney Almroth, si è scoperto che i pellet di plastica provenienti da impianti di riciclo di 13 Paesi diversi in Africa, Sud America, Asia ed Europa orientale contengono centinaia di sostanze chimiche, tra cui numerosi pesticidi altamente tossici. In totale, sono stati rilevati e quantificati 491 composti organici nei pellet, con altri 170 composti provvisoriamente annotati. Questi composti appartengono a varie classi, tra cui pesticidi, prodotti farmaceutici, prodotti chimici industriali e additivi per la plastica.
Esistono pochi regolamenti sulle sostanze chimiche presenti nella plastica e il commercio internazionale di rifiuti plastici complica la questione. In una corrispondenza pubblicata questo mese sulla prestigiosa rivista Science i ricercatori dell’Università di Göteborg, dell’IPEN, dell’Università di Aarhus e dell’Università di Exeter hanno osservato che “le sostanze chimiche pericolose presentano rischi per i lavoratori del riciclo e per i consumatori, oltre che per la società e l’ambiente in generale“. Prima che il riciclo possa contribuire ad affrontare la crisi dell’inquinamento da plastica, l’industria “deve limitare le sostanze chimiche pericolose“. Sono oltre 13.000 le sostanze chimiche utilizzate, il 25% delle quali classificate come pericolose.
Bethanie Carney Almroth porterà un messaggio chiaro all’incontro della prossima settimana a Nairobi. “Numerosi studi – dice – dimostrano che le sostanze chimiche pericolose possono accumularsi anche nei sistemi di riciclo della plastica. Dobbiamo eliminarle rapidamente perché possono causare danni alla salute umana e all’ambiente“.