Offrire ai viaggiatori e ai residenti l’opportunità di partecipare a un modello di turismo rigenerativo e più responsabile, supportando progetti di sostenibilità ambientale, economica e sociale per le comunità ospitanti. Nasce con questo obiettivo Fairbnb, alternativa ‘etica’ alle più note piattaforme che consentono di prenotare stanze di albergo o interi appartamenti per vacanze e viaggi. Un progetto di homesharing responsabile capace di creare un circolo virtuoso tra turisti, host e comunità locali.
Ma come funziona? Fairbnb mette a disposizione dei viaggiatori centinaia di case, appartamenti o posti letto in Italia, Spagna, Francia e Belgio e, prossimamente, anche in Turchia, Regno Unito e Polonia. Come le piattaforme tradizionali, applica una commissione, ma a differenza degli altri, la condivide con i residenti, sostenendo concretamente progetti locali che mettono la sostenibilità – soprattutto quella sociale – al centro delle loro attività, in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu.
“Il legame tra la piattaforma digitale e il territorio è fortissimo e imprescindibile. Se non c’è non lavoriamo”, racconta a GEA Emanuele Dal Carlo, co-founder e presidente di Fairbnb. Quando un host decide di utilizzare il sito per mettere a disposizione la propria casa, si mette in moto la macchina operativa: le associazioni del territorio o i gruppi locali si ‘candidano’ con progetti di interesse per la comunità e, se conformi ai valori della piattaforma, diventano a tutti gli effetti parte dell’iniziativa. I turisti, nel momento in cui acquistano il soggiorno possono scegliere a quale progetto aderire. Fairbnb destina il 50% della propria commissione per finanziarlo, mentre il restante 50% serve per mantenere la sua rete e le sue operazioni.
Tra le tante iniziative supportate, spiega Dal Carlo, ci sono, ad esempio, “i progetti di recupero delle eccedenze alimentari a Genova, quelli dedicati a interventi sul degrado della città come a Venezia o all’integrazione, come ad Amsterdam”.
La sostenibilità, per Fairbnb, è intesa nella sua accezione più ampia, da quella ambientale a quella – soprattutto – sociale. “Le case in affitto – dice il presidente – devono essere a norma con i regolamenti del posto e, in alcune città particolari come Venezia, verifichiamo che l’host sia residente”, per offrire un servizio migliore ai turisti. Grazie alla collaborazione con Legambiente, poi, spiega Dal Carlo, “chi affitta ha la possibilità di certificarsi per la sostenibilità ambientale”.
Gli host non possono inserire sulla piattaforma più di una casa “perché vogliamo che l’affitto sia considerato come una fonte extra di reddito e non come l’attività principale”. Qualche eccezione, ricorda il co-founder di Fairbnb, “possiamo farla, ad esempio, per i borghi sugli Appennini, dove il turismo può contribuire a ripopolare la zona e a dare prospettive economiche agli abitanti del posto”.
La pandemia ha sicuramente rallentato le attività, ma “siamo ripartiti. I nostri numeri non sono altissimi – dice Dal Carlo – perché chi sceglie la nostra piattaforma lo fa soprattutto perché ne condivide i valori”. L’interesse verso questo progetto “è tanto in Francia e nel nord Europa e i nostri turisti-tipo sono persone non più giovanissime che fanno scelte etiche anche nei viaggi”.
Nel 2018 Fairbnb è stata scelta insieme ad altre nove startup nell’ambito dell’Accelerathon ‘Change!’, la sfida sul turismo sostenibile e green di FactorYmpresa Turismo, il programma promosso dal MiBACT e gestito da Invitalia che ha permesso alla piattaforma di accedere a un finanziamento agevolato di Banca Etica.