
La ricerca di case e uffici a prova di futuro passa per l’economia circolare del mattone. Continuare a costruire e ristrutturare come fatto finora non fa bene all’ambiente, non contribuisce a ridurre le emissioni dei gas a effetto serra responsabili dei cambiamenti climatici, e non aiuta a rispondere a politiche e obiettivi verde dell’Unione europea. La parola d’ordine è dunque ‘riciclo’. L’Agenzia europea per l’ambiente (Eea) non ha alcun dubbio in merito, e lo mette nero su bianco sul rapporto ‘ Riqualificazione edilizia: dove economia circolare e clima si incontrano’. “L’utilizzo di materiali ad alto contenuto di riciclato nelle ristrutturazioni è l’azione circolare con il più alto potenziale di risparmio delle emissioni di gas a effetto serra” tra quelle che si possono intraprendere nel settore delle costruzioni.
Lo speciale documento di analisi si sofferma in particolare sul parco immobiliare esistente nel territorio dell’Ue, visto e considerato che “l’85-95% degli edifici di oggi sarà ancora in piedi nel 2050”, e dunque “ è importante concentrarsi anche sul modo in cui rinnoviamo il nostro patrimonio edilizio esistente”. Perché raggiungere la neutralità climatica significa non solo ridurre il fabbisogno energetico degli edifici e decarbonizzare l’energia utilizzata, “ma anche ridurre le emissioni dal punto di vista del ciclo di vita”. Costruire implica emissioni e generare nuovi materiali porta con sé la produzione di CO2 che implica il processo produttivo. Ecco che l’economia circolare, il processo che intende non avere scarti ma tutto rimesso in circolo, per l’appunto, diventa fondamentale.
Sono almeno quattro le azioni alla base del galateo ‘green’ del settore edile: più utilizzo dei vani e degli spazi degli edifici, capacità di adattamento e destinazione d’uso, materiali resistenti all’usura e al tempo, e demolire meno che si può. In primo luogo l’Agenzia europea dell’ambiente suggerisce di trasformare gli spazi esistenti in aree polivalenti, “ad esempio utilizzando le mense degli uffici come ristoranti la sera”. Così facendo si “riduce la necessità di nuovo spazio nei nuovi edifici”, evitando nuove spese, nuove costruzioni, e nuove emissioni. Spazio quindi all’adattamento o ‘retrofitting’.
Sempre a titolo d’esempio, continua l’Eea, “se le conseguenze della pandemia di COVID-19 si traducono in una minore necessità di spazi per uffici, alcuni edifici per uffici possono essere convertiti ad uso residenziale”. Tale retrofitting porta a una riduzione della domanda di nuovi edifici residenziali. La terza misura per l’economia circolare del mattone prevede la scelta di materiali e prodotti da costruzione di lunga durata. Vuol dire che nelle opere di ristrutturazione e manutenzione, “per ogni elemento costruttivo” viene individuato il componente con la vita più breve e questo viene sostituito con uno alternativo con una vita tecnica più lunga. Per le nuove costruzioni, invece andrebbero scelte in partenza soluzioni tecnologie che offrono una maggiore durata. Ciò ridurrebbe la frequenza delle future ristrutturazioni o addirittura ritarderebbe la demolizione con il conseguente effetto di ridurre la domanda di nuove costruzioni. Infine, l’ultima buona pratica per salvaguardare ambiente e clima è ritardare la demolizione degli edifici. Riparare la struttura e le fondamenta di edifici invecchiati si traduce in un ritardo nella domanda di nuovi edifici.
Punti interrogativi non mancano. Ridurre demolizioni e interventi di ristrutturazione potrebbe andare a scapito delle ditte specializzate, con ricadute in termini di fatturati e posti di lavoro. Si corre il rischio di una resistenza del settore, l’Eea non ha dubbi che questa sia la via maestra. Le stime indicano una riduzione delle emissioni di anidride carbonica fino a 131 milioni di tonnellate equivalenti fino al 2050 solo con l’aumento dell’intensità di utilizzo degli immobili. Invece aumentare la durata della vita di un edificio esistente, attraverso l’azione combinata di riduzioni o rinvio di demolizioni, scelta di materiali poco usurabili, l’aggiunta di componenti alle strutture originarie, e un maggiore ricorso a materiale riciclato, potrebbe generare un risparmio fino a 399 milioni di tonnellate di CO2 equivalente entro il 2050, secondo gli scenari più ambiziosi, evitando di mettere in circolo fino a 655 milioni di tonnellate di nuovi materiali. Tutto questo “ha un grande potenziale per la mitigazione del cambiamento climatico”. Ora la parola alla politica.