Legambiente: “Nucleare di quarta generazione non esiste, è surreale”

Stefano Ciafani, presidente di Legambiente: "La tecnologia consente la neutralità climatica, bisogna avere la volontà politica che finora è mancata"

Stefano Ciafani

Sulla transizione verde l’Europa ha tracciato una rotta che l’Italia “fatica a seguire”. È il j’accuse di Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, al governo. In un’intervista a GEA, Ciafani fa il punto sul processo di decarbonizzazione verso il 2050: “Neanche il Covid lo ha fermato, anzi lo ha ulteriormente rafforzato, visto che quando siamo entrati in pandemia la Commissione europea ha deciso di innalzare l’obiettivo di riduzione delle emissioni da -40% entro il 2030 a -55%. L’Italia fa fatica a star dietro al faro europeo perché non fa quelle scelte coraggiose che l’Europa ha messo in campo fino a oggi”, tuona.

Presidente, il nuovo scenario internazionale, la crisi del gas, costringe a scendere a compromessi per far fronte al caro energia. Stiamo tornando indietro sugli obiettivi verdi?

“Si stanno facendo una serie di azioni per diversificare i Paesi di approvvigionamento del gas, ma non si sta facendo la stessa cosa per ridurre l’uso del gas spingendo sull’innovazione, sulla velocizzazione della realizzazione degli impianti a fonti rinnovabili. Cosa che chiedono gli ambientalisti e anche Confindustria con Elettricità Futura, ma il governo fa fatica, direi che ancora non ci siamo”.

Si torna a parlare di nucleare, questa volta di ‘Quarta generazione’. È una soluzione ragionevole ed esiste davvero un nucleare pulito?

“Il nucleare di quarta generazione non esiste. Sono 20 anni che si sta studiando, non ci sono stati grandi passi in avanti. Le stime più concrete dicono che, semmai le ricerche daranno risultati diversi, i reattori su scala commerciale di quarta generazione si vedranno a ridosso della metà del secolo. Quando sarà troppo tardi. Quando già per certi versi una parte del nostro Paese sarà sott’acqua, se non facciamo quegli interventi immediati di riduzione di emissioni di gas serra per contenere l’emergenza climatica in atto. Lo racconta la portata del Po, gli uragani mediterranei che minacciano ogni qualche mese la Sicilia, i ghiacciai delle Alpi e dell’Abruzzo che si stanno ritirando in maniera vertiginosa. Il nucleare che oggi è possibile realizzare, che stanno realizzando la Francia e la Finlandia, è di terza generazione avanzata e non ha risolto nessuno dei problemi storici: la produzione di scorie altamente radioattive, il cui smaltimento definitivo non è risolto e l’Italia lo sa bene. Il nucleare di terza generazione avanzata continua a produrre nei rifiuti radioattivi materiale fissile che può essere utilizzato negli ordigni nucleari, non rispetta e non garantisce sulla proliferazione nucleare. Continua ad avere problemi evidenti di rischio di incidente e infine continua a essere la fonte di energia più costosa. Il nucleare, mi spiace dirlo da ambientalista, non è stato ucciso dagli ambientalisti, ma dal libero mercato, perché i costi di gestione di attività e chiusura del ciclo sono assolutamente proibitivi e per questo negli ultimi 10 anni gli investimenti sono andati a picco, perché le rinnovabili sono una tecnologia consolidata, che non produce emissioni di gas serra, non produce scorie, ha dei costi sempre più bassi, molto più bassi del nucleare, quindi questa discussione che si sta facendo in Italia è surreale”.

Come raggiungere la Germania, che entro il 2035 si è proposta di produrre entro il 100% dell’elettricità da fonti rinnovabili?

“Dobbiamo sfruttare a pieno tutte le rinnovabili, a partire dall’eolico, a terra e a mare, e dal fotovoltaico, che darà un contributo fondamentale. C’è sicuramente da diversificare i luoghi dove realizzare gli impianti. Le coperture in agricoltura vanno benissimo, va benissimo anche l’agrivoltaico, che non consuma suolo agricolo e garantisce l’integrazione tra produzione agricola ed elettrica. Ci sono terreni compromessi, penso alle discariche, alle cave, di difficile bonifica che possono essere usati per fotovoltaico a terra. Ma il fotovoltaico deve essere integrato sui tetti degli edifici dei centri storici, cosa che oggi le sovrintendenze non permettono. Le sovrintendenze non permettono di fare neanche però quello che è stato fatto sui tetti degli edifici storici, in maniera indisturbata, negli ultimi 30 anni: penso alle antenne della tv tradizionale, alle parabole della tv satellitare, ai motori dei condizionatori o ai serbatoi dell’acqua. C’è un ostracismo sul fotovoltaico che deve essere superato o si rischia di andare a mettere i pannelli fotovoltaici sui suoli agricoli e questo deve essere assolutamente evitato. Ma lo si può fare solo se si libera e si esclude l’autorizzazione paesaggistica per il fotovoltaico sui tetti storici, facendo quello che è stato già fatto per i tetti che non sono nei centri storici”.

La neutralità climatica è un obiettivo realizzabile?

“Sì, perché la tecnologia lo permette, ed è un obbligo, se vogliamo fare quello degli scienziati della Ipcc chiedono di fare a tutti i Paesi del mondo, per cercare di contenere entro un grado e mezzo l’aumento della temperatura terrestre rispetto all’era pre-industriale. Tutto questo è possibile se si fa un lavoro sulla produzione di energia puntando sulle fonti pulite, riducendo l’uso del carbone, del petrolio e del gas, puntando sull’innovazione tecnologica nelle reti di distribuzione e trasmissione, sui pompaggi e sui sistemi di accumulo, costruendo tutta la filiera. Bisogna fare la stessa cosa sul fronte dei trasporti, orientando sempre di più sull’elettrico. Bisogna puntare sull’industria innovativa, sull’idrogeno verde. Bisogna mettere insieme tutte queste azioni concrete per garantire alle attività umane di poter continuare azzerando o riducendo al minimo l’uso dei combustibili fossili. Questo ci chiede il Pianeta, la tecnologia lo consente, bisogna avere la volontà politica che finora è mancata”.