L’oceano Atlantico si surriscalda: invisibile strage di specie marine

Tra marzo e maggio la temperatura media della superficie oceanica ha raggiunto il massimo storico in 174 anni di misurazioni

mare

Meno spettacolare degli incendi in Canada, l’ondata di caldo senza precedenti che sta attualmente colpendo le acque dell’Atlantico provocherà, secondo gli scienziati, un’invisibile strage di specie marine, in un fenomeno estremo che rischia di ripetersi con l’aggravarsi del riscaldamento globale. Tra marzo e maggio, la temperatura media della superficie oceanica ha raggiunto il massimo storico in 174 anni di misurazioni, superando la media del 20° secolo di 0,83°C, secondo i dati della US Oceanographic Administration Noaa.

Questa ondata di caldo marino non ha risparmiato l’Oceano Atlantico, che a giugno ha subito ondate di caldo particolarmente forti dal sud dell’Islanda all’Africa, con anomalie di temperatura di oltre 5°C al largo delle isole britanniche. “Tali anomalie in questa parte del Nord Atlantico sono inaudite“, ha affermato Daniela Schmidt, professoressa di Scienze della Terra all’Università di Bristol, citata dal British Science Media Center. Si tratta di “anomalie estremamente forti, piuttosto eclatanti e preoccupanti”, conferma Jean-Baptiste Sallée, oceanografo e climatologo del CNRS. Questa ondata di caldo marino, con una temperatura superiore ai 23°C nel Nord Atlantico, non sorprende del tutto gli scienziati, i quali sanno che gli oceani assorbono il 90% del calore generato dall’effetto serra. Questo tipo di eventi è quindi destinato a diventare più frequente e intenso sotto l’effetto del riscaldamento globale. “Quello che sorprende è che le cose stiano andando molto velocemente“, osserva però Jean-Pierre Gattuso, direttore della ricerca del Cnrs (Centro nazionale per la ricerca scientifica) e co-curatore di un rapporto del Giec (esperti di clima dell’ Onu). Diverse ipotesi sono state avanzate per spiegare questo fenomeno estremo, come la riduzione delle polveri sahariane trasportate dal vento o quella delle emissioni di zolfo delle navi, due tipi di aerosol che normalmente hanno un effetto di raffreddamento dell’atmosfera. Ma “resta allo stato delle ipotesi“, stima Sallée.

Per quanto riguarda il fenomeno El Niño, sembra troppo poco sviluppato per avere un impatto sul Nord Atlantico. “Preferiamo aspettarci un effetto la prossima primavera“, spiega Juliette Mignot, oceanografa dell’IRD (Institute of Research for Development). La ricercatrice ipotizza una possibile “modifica delle correnti marine” ovvero un fenomeno meteorologico che si sovrapporrebbe al riscaldamento globale.

Qualunque sia l’origine di questa ondata di caldo oceanico, gli scienziati si aspettano che causi “mortalità di massa” di specie marine, inclusi coralli e invertebrati. “Ma poiché accade sotto la superficie dell’oceano, passerà inosservato“, si rammarica Schmidt. Durante le ondate di calore nel Mediterraneo, una cinquantina di specie (coralli, gorgonie, ricci di mare, molluschi, bivalvi, posidonia, ecc.) sono state colpite da “massicce mortalità tra la superficie e i 45 metri di profondità“, secondo Gattuso, co -autore di un articolo sull’argomento. Altre specie migreranno piuttosto verso i poli. “Le acque di Norvegia e Islanda, ad esempio, diventeranno più pescose“, a scapito dei Paesi della zona intertropicale, secondo gli scienziati. Riscaldandosi, l’oceano, che cattura un quarto della CO2 emessa dall’uomo, potrebbe anche perdere parte del suo ruolo di pompa del carbone. Ciò avrebbe poi “un effetto amplificante sul riscaldamento atmosferico“, sottolinea Mignot, riferendosi a un “punto di non ritorno“. “Questi punti critici, sappiamo che esistono ma è difficile sapere a quale livello di riscaldamento si innescano”, conferma Sallée. “Sappiamo che potenzialmente, tra 2°C e 3°C di riscaldamento, si possono innescare punti critici“.

Ma “possiamo limitare i danni“, rassicura Gattuso. “Se le emissioni di gas serra seguono una traiettoria compatibile con l’Accordo di Parigi, possiamo fermare completamente il riscaldamento e l’acidificazione dell’oceano”, assicura. “Non è tutto perduto“.