Dal gennaio 2021 e fino a tutto il 2030 è in corso l’Ocean Decade, il Decennio del Mare delle Nazioni Unite: un enorme sforzo globale che si svolge su più livelli (scientifico, economico, politico, educativo…) in cui tutti i Paesi del mondo si impegnano per il miglioramento della conoscenza del mare. Un passaggio decisivo per affrontare un’ampia serie di problematiche, cambiamento climatico e povertà compresi, e per disegnare un futuro di sviluppo sostenibile e benessere.
Francesca Santoro è Specialista di programma all’UNESCO-IOC (Commissione oceanografica intergovernativa) dove coordina il Programma globale di Educazione all’Oceano. Dalla sede di Venezia, dove vive e lavora, si occupa quindi di promuovere e favorire lo sviluppo dell’Ocean Literacy, una delle chiavi fondamentali per raggiungere gli obiettivi della Decade. Ocean Literacy, letteralmente ‘alfabetizzazione al mare’, non significa semplicemente conoscere meglio le creature del mare o le alghe o le onde, ma significa prendere coscienza del fatto che tutta la vita sul nostro Pianeta è dipendente da quello che noi chiamiamo mare e internazionalmente è conosciuto come oceano. La nostra vita – indipendentemente dal fatto che risiediamo sulle coste, un’isola o in cima a una montagna – è inestricabilmente legata al mare: respiriamo grazie al mare; beviamo e mangiamo, grazie al mare; ci curiamo o svaghiamo grazie al mare…
“L’Ocean Decade è nata nel 2017 – racconta Francesca Santoro –. A New York si svolse la prima conferenza delle Nazioni Unite sull’oceano e gli organizzatori diedero a tutti l’opportunità di promuovere impegni volontari. E noi che, come Commissione oceanografica dell’UNESCO, abbiamo il compito di coordinare a livello globale la ricerca oceanografica, abbiamo proposto di creare un ‘Decennio per la scienza del mare per lo sviluppo sostenibile’. Abbiamo trovato il sostegno di diversi Stati membri e con questo sostegno abbiamo portato avanti la proposta: a dicembre 2017 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha quindi dichiarato il periodo 2021-2030 ‘Decennio dedicato alla scienza del mare per lo sviluppo sostenibile’”.
Il raggiungimento degli obiettivi dell’Ocean Decade potrebbe rappresentare una svolta epocale: “L’idea è quella di colmare i vuoti di conoscenza sull’oceano, che sono ancora tantissimi, e soprattutto fare in modo che tutti gli Stati membri possano partecipare alla ricerca oceanografica, attività per definizione molto costosa e che richiede una collaborazione intensa tra i vari Paesi. A questo si aggiunge l’obiettivo di sviluppare l’Ocean Literacy in tutte le sue potenzialità: vogliamo usare questi 10 anni per creare quella che definiamo ‘Generazione oceano’. Vorremmo che questo decennio trasformasse il modo in cui le persone pensano all’oceano, lo vivono, lo gestiscono e lo usano, facendolo in maniera sostenibile come scelta convinta e conseguente all’acquisizione di conoscenza. E non vogliamo solo un mare sano, un mare pulito, un mare bello e produttivo, ma anche un mare che ispira e coinvolge le persone. Mi rendo conto sempre di più di quanto sia importante e di quanto funzioni questo aspetto. Lo noto quando dico a qualcuno: ‘Ma tu lo sai che respiri grazie al mare?’. Si apre un mondo, cambia completamente lo sguardo che tutti loro hanno sul mare”.
È proprio questo elemento, l’entusiasmo, ad essere emerso nella grande cornice globale del Decennio in questo primo anno e mezzo di attività ed eventi in ogni angolo del Pianeta. Spiega Francesca Santoro: “Abbiamo potuto constatare dovunque molta, molta passione intorno a ogni tematica della Ocean Decade e con ogni partner: da chi si è potuto impegnare in una singola azione o workshop a coloro che hanno avviato un programma pluriennale di ricerca vera e propria. Ogni giorno verifichiamo quanto entusiasmo ci sia per queste tematiche. E chi si occupa di mare da decenni può tranquillamente testimoniare che non è mai stato così, in tutta la storia recente!”.
Chiunque può in qualche modo partecipare, tanto che entrando sui siti (italiano o internazionale) dedicati a questo programma uno dei primi pulsanti visibili è quello che permette il coinvolgimento, la possibilità di suggerire iniziative o attività. “La costruzione del Decennio del Mare – sottolinea Francesca Santoro – è un processo collettivo, ad ogni livello e su ogni tematica, dalla ricerca alla Blue Economy, dall’educazione all’arte. È stato così fin dalla fase di pianificazione e lo è ora nella fase esecutiva. E credo sia uno dei risultati più importanti e più belli. Non c’è nulla di predefinito, stabilito, deciso a priori. È qualcosa che si sta sviluppando insieme, in maniera totalmente partecipata. Certo, è un processo più complicato, ma molto più efficace e produttivo”.
Tra le novità più importanti c’è il forte coinvolgimento del settore privato: “Per anni abbiamo cercato e sperato di lavorare con partner del settore privato e ora questa sta avvenendo con grande slancio e su loro iniziativa, con impegni e collaborazioni molto serie, lontane dal temuto green o in questo caso blue washing”.
Dal 27 giugno all’1 luglio si svolgerà a Lisbona la seconda Conferenza delle Nazioni Unite sull’Oceano, uno dei momenti chiave per il Decennio del Mare. Il titolo, per usare una efficace frase fatta, è tutto un programma: ‘Save our Ocean, protect our future’ (Salviamo il nostro Oceano, proteggiamo il nostro futuro)
“Abbiamo pensato a questa Conferenza con un approccio assolutamente innovativo: sarà totalmente votata all’azione, alla pianificazione di soluzioni, interventi che cambino le cose e trasformino la realtà come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi. Punteremo a individuare e mettere in moto le soluzioni alle problematiche di cui abbiamo parlato nei mesi precedenti. È un vero e proprio cambiamento di ‘stato’. Entreremo davvero nel cuore di quanto vuole fare il Decennio: non si tratta semplicemente di conoscere un po’ il mare, ma vogliamo che la conoscenza – migliorata e approfondita sempre più – venga utilizzata per fare delle cose. Vogliamo che la conoscenza si trasformi in consapevolezza e quindi in motore di sviluppo sostenibile e benessere. Paesi, imprenditori, studenti, insegnanti, scienziati devono essere sempre più sicuri: non è semplicemente qualcosa che facciamo perché siamo più ambientalisti di altri o amiamo il mare o lo conosciamo meglio, ma perché è strategico, è interesse comune e va a beneficio di tutti”.