Per la prima volta in Italia è stato sperimentato l’uso di miscele di biocombustibile e cherosene su un jet militare, ottenendo una riduzione fino al 40% delle emissioni inquinanti complessive. A calcolare questo taglio è stato uno studio pubblicato sulla rivista internazionale Toxics, che indaga anche l’impatto complessivo sulla salute e l’ambiente di questi nuovi carburanti avio. La ricerca è stata condotta da ricercatori ENEA, in collaborazione con Aeronautica Militare, nell’ambito dell’accordo di cooperazione in materia di utilizzo di biocombustibili nel settore dell’aviazione, che coinvolge anche Cnr e ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica.
I test sono stati condotti su due diverse miscele contenenti il 13% e il 17% di biocombustibile nel corso di diverse prove motore con velivolo a terra, all’aeroporto militare di Pratica di Mare, vicino Roma. Il risultato? Le due miscele a base di biocarburanti hanno fatto registrare per tutte le prove una riduzione media del 20% – e fino al 40% per medi regimi di potenza motore – delle emissioni di black carbon, ossia il carbonio elementare. Ma, allo stesso tempo, spiega Antonella Malaguti, ricercatrice Enea, “abbiamo rilevato l’aumento fino al 30% del biossido di azoto e della quantità di particelle totali emesse, in particolare delle nanoparticelle“.
La ricerca, però, è andata oltre e ha studiato le risposte biologiche dei polmoni ai prodotti di combustione attraverso test in vitro. Lo studio, sottolinea il ricercatore Maurizio Gualtieri, “apre scenari rilevanti per la determinazione del potenziale rischio per l’uomo”. I test, infatti, hanno evidenziato una maggiore deposizione di particelle fini e ultrafini sia nel sistema cellulare sia a livello polmonare, anche se questo incremento, puntualizza Gualtieri “non deve ascriversi in maniera prioritaria alla componente bio delle miscele di carburante“. L’esposizione del corpo umano alle emissioni, insomma, “innesca processi ossidanti acuti a livello cellulare che, associati ai dati di deposizione polmonare, fanno scattare un campanello di attenzione sugli effetti di esposizioni ripetute a queste emissioni nel corso del tempo“.
I risultati di questa campagna di test e sperimentazioni rappresentano un passo importante nell’ambito degli studi in corso per ridurre l’impatto sul clima dell’aviazione, che rappresenta uno dei settori maggiormente interessati al tema delle emissioni e su cui si sta concentrando sempre di più l’attenzione della comunità internazionale e del mondo della ricerca. I dati dell’Air Transport Action Group (Atag) dicono che nel 2019 (ormai anno di riferimento pre-pandemico), i voli aerei globali hanno prodotto qualcosa come 915 milioni di tonnellate di CO2, ovvero il 2,1% delle emissioni totali causate dagli esseri umani. L’aviazione pesa inoltre per il 12% sul totale delle emissioni generate dai trasporti (al primo posto, con il 74%, c’è quello stradale). “Per ridurre l’impatto del settore aereo sul clima serve, quindi, un grande sforzo nello sviluppo e nella sperimentazione di carburanti da fonti rinnovabili per sostituire, parzialmente o totalmente, i combustibili fossili attualmente utilizzati, ma senza perdere di vista i potenziali effetti sulla salute dell’uomo, come dimostra il nostro studio”, concludono Malaguti e Gualtieri.
Photo credits: ENEA