Quando la città è ‘miniera’ di materiali. L’esempio del grattacielo Mi.C
Costruito secondo la filosofia dell'Urban mining, l'edificio, di 94 metri per 22 piani più quattro interrati, ospiterà duemila persone, con 900 metri quadri di area verde, 65 nuovi alberi, 108 posti auto interrati, per un costo complessivo di 90 milioni di euro
Da oltre una decina di anni nel mondo ha preso piede la filosofia dell’Urban mining, la strategia di riutilizzo dei materiali ‘conservati’ nelle città come materie prime seconde. Causa innalzamento dei prezzi e carenza di materie prime, questa soluzione, che sta alla base dello stesso concetto di economia circolare, è guardata con sempre più interesse. Ne sono la riprova le decine di corsi universitari attivati nei principali atenei italiani e il recente progetto del Mi.C, Milano Centrale district, che vedrà la luce all’alba del 2026, in tempo per le le Olimpiadi invernali Milano-Cortina.
IL NUOVO VOLTO DEL FIANCO SINISTRO DELLA STAZIONE CENTRALE
Il progetto comprende il rifacimento di piazza Luigi di Savoia a fianco della stazione centrale con il completo recupero dell’ex hotel Michelangelo, ora chiuso, che negli ultimi due anni ha accolto pazienti affetti da Covid. Al posto dell’albergo sorgerà un grattacielo di uffici alto 94 metri per 22 piani, più quattro interrati, capace di ospitare duemila persone, con 900 metri quadri di area verde, 65 nuovi alberi, 108 posti auto interrati, per un costo complessivo di 90 milioni di euro. Il tutto è realizzato dal gruppo immobiliare Finleonardo, mentre il progetto è dello Studio Park associati. Secondo il project manager di Finleonardo, Diego Imperiale, l’edificio – che è stato il simbolo del periodo più drammatico della pandemia a Milano – sarà sostituito dal “simbolo della rinascita della città. La nuova Torre Mi.C sarà una struttura all’avanguardia, di ultima generazione, green, sostenibile, perfettamente inserita nel contesto urbano, in linea con gli obiettivi di conversione ecologica e di risparmio energetico italiani ed europei, e collegata a un progetto di riqualificazione di un’area che è una delle porte di accesso della città”.
LA CERTIFICAZIONE E IL RECUPERO DI TUTTI I MATERIALI
L’aspetto interessante di questo progetto, racconta Imperiale, è proprio l’applicazione del concetto di Urban mining. “La torre – spiega – ha due livelli di sostenibilità. Uno è appunto l’Urban mining: andremo infatti a recuperare tutti i materiali del vecchio hotel Michelangelo, dal calcestruzzo, al vetro, alla plastica e al legno”. Trovandosi praticamente al centro della città. il palazzo non poteva essere abbattuto. ad esempio con una demolizione controllata, così i progettisti procederanno con una decostruzione. “Il calcestruzzo e gli altri materiali – prosegue Imperiale – saranno portati a terra, frantumati, certificati e poi riutilizzati per la costruzione della nuova torre”. Insomma, nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma, evitando così di conferire materiale in discarica e di ricorrere a materie prime che a ben guardare in città ci sono già: sono in palazzi dismessi o in rifiuti tecnologici.
L’Urban mining è infatti applicato anche ai Raee, i rifiuti tecnologici composti da vecchi televisori, cellulari o elettrodomestici. All’interno di questi prodotti si nasconde infatti una miniera d’oro di rame, metalli preziosi o altri elementi che possono essere recuperati.
“Il secondo livello di sostenibilità della torre Mi.C – prosegue Imperiale – è poi rappresentato dai sistemi energetici di cui sarà dotato il palazzo, come il fotovoltaico che sarà applicato sul tetto, mentre si sta ancora valutando se installarlo anche sulle facciate più esposte all’irraggiamento. Inoltre, lavoreremo con acqua di falda e utilizzeremo pozzi interrati. In più, l’interno dell’edificio avrà un bioclima e spazi verdi. Nell’intero progetto è previsto un giardino di 900 metri quadri aperto alla cittadinanza”. Il palazzo, come detto, ospiterà uffici, ma sarà anche aperto al pubblico con spazi di smart working e con un auditorium al piano interrato.
IL PROBLEMA DEI RIFIUTI EDILI
Riciclare i rifiuti edili contribuisce in modo importante a ridurre l’eccessiva impronta ecologica dell’uomo, soprattutto nelle città. Le costruzioni rappresentano in effetti un settore fondamentale per l’economia circolare, perché le attività legate all’edilizia e al genio civile sono quelle che generano la maggior quantità di rifiuti. Ogni anno, infatti, vengono prodotte milioni di tonnellate di materiali di demolizione e di questi solo una minima parte viene riciclata.
Uno dei Paesi più all’avanguardia in tema di recupero di materiali è la Svizzera. Nell’impianto di incenerimento dei rifiuti di Hinwil nel Canton Zurigo infatti ogni anno vengono recuperate 10.000 tonnellate di ferro, 4.500 tonnellate di altri metalli non nobili e 1–1,6 tonnellate di metalli nobili come oro e palladio. Qui il cantone ha installato il primo impianto al mondo in grado di recuperare altri metalli oltre al ferro.
In aggiunta ai rifiuti solidi domestici, si recuperano i materiali di risulta dell’edilizia, come calcestruzzo, mattoni, ferro, rivestimenti in rame o tubi di plastica, derivanti dalla demolizione di un edificio, che altrimenti finirebbero in discarica. Durante i lavori di smantellamento, le ditte incaricate provvedono a sminuzzare, lavare e raggruppare in base alla grandezza le rocce risultanti dalla demolizione per dare loro una nuova funzione come calcestruzzo riciclato.