Misurare la febbre al mare per scoprire i cambiamenti climatici

Nello Stretto di Messina i ricercatori di MedFever studiano l'ambiente mediterraneo attraverso dei termometri

acqua

Misurare la febbre al mare per conoscere e comprendere i grandi cambiamenti in atto sul nostro Pianeta. È quello che fa il progetto MedFever, ideato da Eleonora De Sabata, giornalista, fotografa e divulgatrice scientifica specializzata in temi legati alle scienze del mare. Il progetto è portato avanti da MedSharks, associazione dedicata allo studio e alla conservazione dell’ambiente mediterraneo e in particolar modo degli squali, con la collaborazione di ENEA, per la parte di studi oceanografici, dell’Università La Sapienza e dell’OGS (Istituto di Oceanografia e Geofisica Sperimentale) per la parte biologica, del nucleo subacqueo della Guardia Costiera e il supporto di Lush, che ha finanziato l’acquisto dei termometri.

In questi giorni siamo stati impegnati nello Stretto di Messina, per installare termometri in sei diverse stazioni poste tra i 5 e i 60 metri di profondità – racconta la coordinatrice del progetto – perché questo tratto del Mediterraneo è particolarmente affascinate nelle sue dinamiche impetuose, eppure ancora poco studiato e conosciuto. Queste prime rilevazioni nello Stretto di Messina ci hanno dato la possibilità di percepire il respiro del mare, la sua vitalità: qui c’è la marea più forte dell’intero Mediterraneo, con una corrente che arriva anche a 6-7 nodi. Quando nello Ionio c’è l’alta marea, in Tirreno c’è bassa marea: questo produce un movimento che sposta l’acqua fredda dello Ionio nel caldo Tirreno. E viceversa, quando in Tirreno si alza e nello Ionio si abbassa. Un respiro, un movimento continuo come quello della nostra cassa toracica. È una dinamica che produce sbalzi termici – ci dicono gli strumenti – che arrivano a dieci gradi, anche a 50 metri di profondità laddove la temperatura normalmente è molto più stabile. La corrente in entrata dallo Ionio, risale la cosiddetta ‘valle di Messina’ da grandi profondità a profondità minori, con un movimento ascensionale che porta in superficie nutrienti e anche specie abissali, che non è raro trovare spiaggiate dopo una mareggiata, oltre all’acqua nettamente più fredda. Si ritiene normalmente che gli sbalzi, anche minimi, nelle temperature possano produrre affetti gravi sugli organismi marini. Ma in questo caso gli organismi che vivono qui si sono adattati, pur trattandosi di un vero shock termico. È solo un esempio dei dati molto interessanti che possono venire da queste rilevazioni”.

MedFever

La temperatura del mare, le sue dinamiche e le sue modificazioni nel tempo sono elementi fondamentali per comprendere il cambiamento climatico, i suoi effetti (anche a terra) a breve, medio e lungo termine. Noi conosciamo bene, grazie ai satelliti, la temperatura della superficie marina. Molto meno sappiamo sulle temperature nelle profondità.
Ci sono poche stazioni fisse di rilevamento lungo la colonna d’acqua – spiega ancora Eleonora De Sabata – Eppure, il mare ha un potenziale termico enorme, è come un termosifone per il Pianeta: immagazzina il calore che poi viene rilasciato. Conoscere di più sarebbe importante. Perché le conseguenze di un eccesso di riscaldamento sono quelle che possiamo vedere sott’acqua, con lo sbiancamento del mare ovvero l’indebolimento e poi la morte – ad esempio – di organismi corallini come gorgonie, madrepore ecc… ma che osserviamo anche fuori dall’acqua con fenomeni meteorologici estremi. Misurare la febbre del mare è quindi fondamentale”.

MedFever

Il progetto MedFever affonda le sue radici fino al 2016, quando Eleonora De Sabata e MedSharks posero il primo termometro sul Banco di Santa Croce, nel golfo di Napoli, per un progetto che aveva lo scopo di studiare il piccolo squalo gattopardo. La serie di dati prodotti in questi sei anni e mezzo ha dato al gruppo di lavoro l’idea di estendere l’attività a tutto il Tirreno e in prospettiva a tutto il Mediterraneo. “Anche nel suo ultimo rapporto, l’IPCC – l’organismo delle Nazioni Unite responsabile della raccolta degli studi sul cambiamento climatico – ha rilevato come il Mediterraneo sia la parte dell’oceano globale che più rapidamente subisce l’innalzamento delle temperature – prosegue l’ideatrice del progetto – Quindi, studiare le dinamiche in corso e le loro conseguenze è per noi mediterranei ancora più impellente. In questo caso il mondo della subacquea si è messo a disposizione della scienza per lo studio del cambiamento climatico e la tutela del mare. Il contributo non è soltanto numerico, con la rilevazione delle temperature, ma anche visivo: infatti, l’esperienza di chi conosce da decenni le zone oggetto delle rilevazioni e vede come queste siano cambiate nel corso degli anni, può rivelarsi fondamentale come spunto e indicazione di studio. Questa è una rete che non ha eguali nel mondo: un primato che ci rende molto orgogliosi e ci permette di fare un lavoro davvero innovativo, di avanguardia. Oggi abbiamo circa 70 termometri in acqua: oltre allo Stretto di Messina e al Banco di Santa Croce sono all’isola del Giglio, a 5 miglia dalla costa di Anzio, a Capri, Capo Palinuro, Palermo, San Vito Lo Capo, Capo Figari, Santa Teresa di Gallura. I termometri sono programmati per rilevare la temperatura ogni 15 minuti e ogni anno scarichiamo tutti i dati che vengono messi a disposizione di tutto il mondo scientifico. Saranno necessari almeno 10 anni per iniziare a trarre indicazioni scientificamente rilevanti. Ma vogliamo andare ben al di là dei 10 anni e creare una base di studio essenziale”.