Da lunedì Torino ospiterà due grandi eventi paralleli, organizzati dai giovani ma aperti agli adulti, che puntano a costruire il futuro necessario, quello vivibile, sostenibile ed equo. Per cinque giorni la città, simbolo in passato di molte delle battaglie che saranno al centro delle discussioni, ospiterà il Meeting europeo di Fridays for Future (Campus Einaudi, Università di Torino) e contemporaneamente il Climate Social Camp (Parco Colletta). Saranno 450 gli attivisti del FFF, in rappresentanza di 30 Paesi europei e di 45 Paesi del mondo, ovvero anche in rappresentanza di quei luoghi che meno hanno contribuito alla crisi climatica ma che già pagano le conseguenze più dure. Saranno presenti quindi ragazzi provenienti da Uganda, Indonesia, Ruanda, Messico (Chiapas).
Un migliaio, invece, i ragazzi che parteciperanno al Climate Social Camp nel corso del quale si vogliono mettere in contatto e in confronto tante organizzazioni diverse che si occupano di lavoro, giustizia sociale, lotta alla povertà, uguaglianza, migrazioni: tutti convinti che la crisi climatica sia il punto chiave per affrontare ciascuna di quelle problematiche e che affrontarle in maniera seria si debba partire dall’affrontare le ragioni e le conseguenze del cambiamento climatico.
È il primo grande evento di questo tipo, il secondo in assoluto organizzato dai ragazzi e le ragazze di ‘Fridays for Future’ dopo quello del 2019 a Losanna (nel 2020 e nel 2021 la pandemia ha impedito lo svolgimento dell’evento, già programmato a Torino), e ha tra i suoi obiettivi quello di preparare i ragazzi e l’intera cittadinanza (mondiale, non torinese) ai grandi eventi dell’autunno, a partire dallo sciopero globale per il clima in programma il 23 settembre. “Perché, se è vero che la sensibilità generale sul tema è cresciuta anche come conseguenza delle conseguenze sempre più forti sulla nostra vita quotidiana, è anche vero che le reazioni della politica e dell’industria sono ancora troppo tiepide”, spiegano gli organizzatori.
Quattro anni fa, il 20 agosto 2018, Greta Thunberg, allora sedicenne, decise di sedersi davanti al Parlamento svedese ogni venerdì in sciopero per il clima: portava un semplice cartello con “Skolstrejk For Klimatet“. Da allora molto è cambiato e oggi il movimento ispirato da quel suo sciopero solitario, chiamato ‘Fridays For Future’- è presente in 100 Paesi, dagli Stati Uniti d’America all’Australia, passando per molti stati africani, Sudamericani e Asiatici, oltre ovviamente alla maggior parte degli Stati europei.
Oggi i ragazzi vogliono rilanciare il messaggio, visti i successi di questi anni malgrado le enormi difficoltà post Covid, e far crescere ancora la partecipazione, aumentare la spinta, la sollecitazione che in questi anni ha attivato l’attenzione di una parte importante dell’opinione pubblica: questa rinnovata spinta vuole essere da sollecitazione alla politica e all’economia perché venga ascoltata la scienza e si agisca in maniera decisa e globale per arrivare a emissioni zero. Per questo i vari tavoli tematici, la formazione, i workshop affrontano le diverse problematiche in discussione, coinvolgendo attori diversi e interlocutori importanti: dall’Università al mondo dell’informazione, da quello dell’attivismo a quello dei lavoratori.