Anche i giocattoli ‘giocano’ un ruolo nella produzione di inquinamento. E questo è imputabile principalmente al materiale di cui sono composti, plastica in primis. Per porre rimedio, ad esempio, dall’anno scorso la Lego (produttrice danese dei famosi mattoncini in plastica) dopo tre anni di prove effettuate con 250 varianti di materiali, ha realizzato un prototipo bianco ottenuto da un processo produttivo che utilizza plastica Pet riciclata. Da queste prove è emerso come da una bottiglia di plastica Pet da un litro si riesca e creare materiale per dieci mattoncini 4 per 2 cm. La Mattel, casa produttrice della Barbie, ha invece inserito nelle sue confezioni le istruzioni su come riciclare le componenti del giocattolo quando non viene più usato. Mentre la Hasbro, altro colosso americano dei giochi, ha comunicato che utilizzerà per i suoi prodotti solo plastiche di origine vegetale. Sicuramente tutte buone notizie, ma la soluzione migliore sarebbe non sprecare e non buttare via i giocattoli che non piacciono o non funzionano più.
IL GIOCO È BELLO QUANDO DURA TANTO
Una bella storia arriva proprio da Milano e da Andrea, classe 1955, che da tempo cura il sito ‘La clinica dei giocattoli’ (www.clinic-of-toys.com). Da anni è uno dei punti di riferimento di tutti quelli che vogliono rimettere in sesto antichi giochi. Grazie alla sua esperienza è giunto alla conclusione che esistono tre tipi di giocattoli e, di conseguenza, tre tipologie di persone che si rivolgono a lui. “Ci sono quelli che chiedono di riparare giocattoli tecnologici e quindi costosi – racconta – per cui si rivolgono a me perché hanno speso tanto per acquistarli e non vogliono buttarli via. Poi ci sono i giocattoli d’affetto, come l’orsacchiotto o la bambola dell’infanzia e, infine, ci sono i giocattoli antichi riparati perché hanno un valore che va al di là di quello affettivo”. Da anni si è reso conto che la fetta maggiore dei prodotti che giungono a lui rientra tra quelli dall’importante valore affettivo. “Anch’io – spiega – ho ritrovato il mio vecchio orsacchiotto, Ciacio, e l’ho riparato. Sono tanti quelli che per ricordo o rispetto dell’ambiente non vogliono disfarsi di questi vecchi oggetti. Nel caso, invece, dei giocattoli tecnologici il problema è a monte: le case costruttrici spesso non forniscono assistenza o pezzi di ricambio e quindi le persone si rivolgono a me”.
AMANUENSE E RESTAURATORE
Andrea, che si definisce artigiano, lo fa per passione. Per tutta la vita si è occupato di restauro ed è tuttora un amanuense. “Mio padre era ingegnere civile – racconta – mia madre invece dava ripetizioni di greco e latino; in più restaurava libri antichi. Ho lavorato a lungo in castelli e chiese, soprattutto in quelli della Loira. Ora mi dedico alla calligrafia e in molti mi chiedono di scrivere le memorie delle loro famiglie. Produco la carta da solo e fino a poco tempo fa conciavo anche la pelle”. Insomma, una sorta di attività a km zero. Ma ha ancora la passione per il restauro dei giocattoli.
“Quando ero piccolo – spiega – avevo pochi giochi, ma fatti bene. C’erano il meccano, i trenini elettrici e i Lego. I miei genitori e i tutori che c’erano in casa hanno sempre seguito la pedagogia giapponese che invita a ricorrere a giochi come materia da trasformare. Quindi non mancavano il Das o il gesso. Anche adesso per produrre pezzi di ricambio per alcuni giochi utilizzo i mattoncini Lego per creare lo stampo”. Ma viene tutto fatto in casa? “No – spiega – c’è un fiorente mercato dei pezzi di ricambio. Ci sono aziende specializzate in produzione di mani, teste o piedi di bambole, od occhi degli orsacchiotti o materiale per imbottire i peluche. Quello che non trovo, cerco di rifarlo con il materiale che ho”. E sul suo sito infatti si vede come riassembla occhi a orsetti ormai orbi o sistema braccia a robot monchi. “Tempo fa una persona mi ha portato un dinosauro in plastica alto quanto un bambino. Si muoveva – dice Andrea – con un sistema elettronico che si era rotto e io ho provveduto a ripararlo”. Ma qual è il profilo dell’utente che lo contatta per riparare un gioco?. “Il più variegato – spiega Andrea – si va dal 22enne che vuole sistemare una statuetta da regalare al padre, all’anziano che vuole ridare vita al vecchio giocattolo di quando era bambino, fino al collezionista”.
IMPARARE A COSTRUIRE I GIOCATTOLI CON LE PROPRIE MANI
“Un’usanza che ho ereditato dai miei genitori e che ho trasmesso anche ai miei figli – continua Andrea – sia nell’ottica della manualità che in quella del rispetto dell’ambiente, è quella di imparare a realizzare giocattoli con le proprie mani. Ogni anno ci sono occasioni speciali per scambiarsi doni, Natali, compleanni… I miei genitori mi hanno sempre detto: fai pure tutti i regali che vuoi, ma almeno uno fallo con le tue mani”. E da allora non ha smesso. “Fino a 20 anni fa avevo contatti anche con l’estero e clienti stranieri che mi contattavano per riparazioni, ma ormai mi dedico solo a persone del circondario con le quali sono anche diventato amico”. Anche il suo ultimo sogno è in ottica ‘green’: “Sto cercando un bosco per vivere in una baita – conclude – dove continuare a fare quello che mi piace come la calligrafia e la riparazione di giocattoli”.