Se lo spreco alimentare fosse uno Stato, sarebbe il terzo Stato più inquinante al mondo. Fanno riflettere le parole del sindaco di Lecce, Carlo Salvemini, delegato Anci all’Energia e ai Rifiuti. “Eppure ci misuriamo continuamente con fenomeni di malnutrizione”, osserva. “Assumere un impegno contro lo spreco alimentare diventa una questione di civiltà. L’Italia rispetto all’Europa è particolarmente virtuosa. I Comuni sono in prima fila perché sono considerati l’ente di prossimità che più di tutti possono impattare sulla filiera”, spiega presentando la Campagna di Anci finanziata dal Ministero per la Transizione Ecologica, per la diffusione della food-bag nella ristorazione.
Una alleanza tra istituzioni pubbliche, associazioni per realizzare la prima campagna nazionale di sensibilizzazione contro lo spreco alimentare, attraverso la pratica dell’asporto del cibo avanzato nei ristoranti. Secondo i dati della Fao, nel mondo, circa un terzo della produzione mondiale di cibo destinata al consumo umano si perde o si spreca lungo la filiera alimentare ogni anno; circa il 24% se misurata in calorie. Un quantitativo che corrisponde a uno spreco di circa 1,6 miliardi di tonnellate di alimenti (inclusa la parte non edibile); 1,3 miliardi di tonnellate se si considera solo la frazione edibile.
Lo spreco ha un impatto ambientale devastante. “Credo sia fondamentale e preziosissima la presenza di tutti. Fare ambiente, cambiare la cultura ambientale di tutti i soggetti, è un lavoro di squadra ed è fondamentale farlo insieme, credo sia importantissimo farlo con i comuni. Il cambio culturale serve a ogni livello. Anche mangiare bene e sano vuol dire fare cultura, stare attenti alle filiere, al chilometro zero. E l’economia circolare non può che partire dalle famiglie”, commenta Vannia Gava, sottosegretario al ministero della Transizione Ecologica, partecipando alla presentazione della Campagna per la diffusione della food-bag nella ristorazione, iniziativa di Anci finanziata dal Mite, in corso a Roma. “Non possiamo sprecare suolo, non possiamo sprecare biodiversità e dobbiamo far capire che il cibo è anche salvaguardia dell’ambiente”.
Il quantitativo di acqua richiesto per produrre il cibo che viene sprecato ogni anno nel mondo è pari a circa 250.000 miliardi di litri. Un quantitativo sufficiente per soddisfare i consumi domestici di acqua di una città come New York per i prossimi 120 anni.
L’estensione di suolo agricolo necessario per produrre il cibo sprecato ogni anno nel mondo è pari a circa 1,4 miliardi di ettari, circa il 30% della superficie agricola disponibile a livello globale. Il cibo sprecato ogni anno nel mondo è responsabile dell’immissione in atmosfera di circa 3,3 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente (CO2eq). Se lo spreco alimentare fosse un paese, sarebbe il terzo emettitore mondiale dopo Usa e China.
I dati per l’Italia, riferiti all’anno 2017, riportati all’interno del Food Waste Index Report 2021 dell’Unep, si basano su dati elaborati nell’ambito del progetto ‘Reduce – ricerca, educazione, comunicazione: un approccio integrato per la prevenzione degli sprechi alimentari’, coordinato dal Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari (Distal) dell’Università di Bologna e realizzato con risorse del Ministero dell’Ambiente (oggi Mite). I rifiuti alimentari generati a livello domestico ammontano a 67 chili pro-capite all’anno, corrispondente a circa 4 milioni di tonnellate all’anno in totale. Quelli nella distribuzione (iper e supermercati) a 4 chili pro-capite all’anno, corrispondenti a circa 240mila tonnellate all’anno in totale. Secondo l’Osservatorio Waste Watcher International il solo spreco domestico in Italia ha un valore economico stimato attorno ai 7,4 miliardi di euro, valore che raggiunge i 10 miliardi di euro all’anno considerando l’intera filiera: dal campo fino alla tavola.