Immaginiamo un grande ufficio open space. In inverno l’intera stanza viene riscaldata, in estate viene raffrescata. Ma se potessimo invece regolare in maniera indipendente temperatura e comfort di ogni singola postazione di lavoro? Dal punto di vista tecnico si può, grazie all’impiego di Pcs (Personal comfort systems), ovvero dispositivi e sistemi in grado di intervenire soltanto sulle zone occupate dello spazio all’interno dell’edificio, mantenendo il volume rimanente a uno stato meno riscaldato o meno climatizzato.
Per il momento, si tratta di sistemi che ancora non svolgono un ruolo chiave come strumento integrativo per il comfort negli edifici. Ma è una direzione in cui la ricerca si sta indirizzando, come spiegano Luca Schenato, professore di ingegneria dell’informazione all’università di Padova, e Wilmer Pasut dell’università Ca’ Foscari di Venezia. I due ricercatori sono infatti tra i proponenti di un progetto di ricerca (“Human in the building”) che punta a identificare e testare quello che potrebbe diventare un paradigma futuro per la progettazione e il controllo del comfort termico negli edifici. “L’idea è mettere l’uomo sempre più al centro dell’edificio” spiega Luca Schenato, dell’università di Padova, “e la chiave di questa evoluzione, tutta da esplorare, è l’analisi dei moltissimi dati che possiamo raccogliere dall’ambiente”.
In questa proiezione, i dati vengono raccolti a partire dai Pcs. Può trattarsi di una sedia capace di riscaldarsi a seconda dei nostri desiderata, oppure di tecnologie foot warmer da installare sotto la scrivania, fino al classico (ed efficientissimo) ventilatore da tavolo. Portando il sistema di raffrescamento e riscaldamento sempre più vicino alle persone, insomma, sarebbe possibile raggiungere due vantaggi importanti. “Il primo è legato alla personalizzazione” spiega Schenato, “ogni utente è infatti libero di controllare i propri Pcs in base alla propria percezione del comfort, che come sappiamo non è uguale da persona a persona”.
Il secondo impatta invece sui consumi energetici. L’analisi dei parametri scelti dagli utenti, infatti, avrebbe come scopo la possibilità di regolare l’impianto di riscaldamento, ventilazione e condizionamento dell’aria dell’edificio in maniera più efficiente. “Facendo un esempio a spanne in termini di energia utilizzata” spiega Wilmar Pasut, dell’università di Venezia, “l’impiego di dispositivi che permettono di settare la temperatura di una stanza in estate a 29 gradi invece che 26, otterremo un risparmio complessivo che può andare dal 15 al 20%”. Il tutto utilizzando sistemi Pcs pensati per consumare molto poco: “Una sedia riscaldante/raffrescante” continua Pasut, “può consumare circa 16 watt”.
Tra gli impatti legati al metodo proposto nel progetto di ricerca, viene inoltre sottolineato il potenziale di riduzione delle emissioni di anidride carbonica: “Le attuali attività per ridurre il consumo di energia e le emissioni di CO2 degli edifici”, spiegano infatti i ricercatori, “si concentrano su tecnologie che non incorporano il potenziale di risparmio energetico dell’ambiente interno e l’interazione tra gli occupanti e i sistemi”.
Ma come può avvenire l’integrazione fra i Pcs, i sistemi Hvac, e il sistema di automazione degli edifici? L’integrazione tra i sistemi di comfort personale e il sistema di automazione degli edifici sarà possibile grazie ai servizi resi disponibili da un’infrastruttura di rete che, a sua volta, fa parte di un ecosistema Internet of Things. “La criticità sarà nei sistemi di raccolta dati delle singole aziende che producono o produrranno i dispositivi” spiega Luca Schenato, “spesso si tratta infatti di sistemi proprietari. Ma la spinta della ricerca scientifica punta alla creazione di protocolli o standard comuni. I dati, a quel punto, potranno essere raccolti in un database interno all’edificio o in cloud”.
Un trend da esplorare, insomma, che potenzialmente può trovare impiego non soltanto negli uffici, ma anche in altri luoghi – soprattutto di grande dimensione – dove miglioramenti nella gestione del comfort può impattare sui consumi energetici, “come per esempio palestre, teatri, edifici pubblici” dice Wilmer Pasut. Il primo passo, come spiega Luca Schenato, “potrebbe essere studiare un edificio in cui non possiamo controllare la temperatura dell’impianto generale, e testare la raccolta dati dei Pcs per osservare trend e sviluppare elaborazioni che ad oggi nessuno ha mai effettuato”. Le sfide successive porterebbero poi a incrociare i risultati con la gestione del controllo degli impianti Hvac di un edificio fino a controllarli in funzione dei dati.