Zago: “Io ecologista antimilitarista. Oggi dico sostenibilità con ragionevolezza”
Il guru della biocosmesi, padre del Bio-Dizionario, oggi BioEcoControl, la prima guida per i consumatori consapevoli, racconta la sua storia: “L'idea è nata perché mi sono sempre sentito un ecologista senza sapere di esserlo"
In principio c’era lui. Per molti Fabrizio Zago, è il guru della biocosmesi, il padre del Bio-Dizionario, oggi BioEcoControl, la prima guida per i consumatori consapevoli. Che, però, fino ai primi anni Duemila erano ancora molto pochi, una nicchia.
“Gli altri se ne fregavano”, spiega a GEA, raccontando gli inizi del suo lavoro. Ricollega il percorso fatto con un certo spirito ribelle che lo animava: “L’idea è nata perché mi sono sempre sentito un ecologista senza sapere di esserlo, ho fatto studi di chimica che potevano indirizzarmi diversamente. Invece mi sono schierato dalla parte debole del sistema. Ecco, probabilmente è nato tutto da questo mio sentirmi dalla parte dei più deboli, dal non voler far male a nessuno”. La scelta in campo cosmetico e detersivistico orientata verso l’ecologia, in quegli anni, non era ancora una “moda”: “Ho fatto obiezione di coscienza quando ti mettevano le manette, non era facile. Ho fatto poi il servizio civile, facevo azione antimilitarista”.
Con il suo compagno di studi, che si occupava di impianti di depurazione, ha iniziato a lavorare nell’ambito delle materie prime: “Sono riuscito a entrare in contatto con dati scientifici che non aveva nessuno, mi è servito enormemente per costruirmi una cultura specifica. Da qui capisci se una sostanza è più o meno tossica o biodegradabile”.
Prima del 2000, Zago collaborava con aziende che però “facevano numeri insignificanti”: “È successo che a un certo punto mi sono detto che bisognava fornire strumenti perché i consumatori diventassero autonomi e consapevoli. All’epoca c’era un sito dove fu aperto un forum di discussione, tra il 1999 e il 2000 e molte persone si sono fiondate nel forum. C’erano anche Barbara Righini (fondatrice di ‘Sai cosa ti spalmi?’, ndr) e ‘mamma chimica’, che un po’ alla volta hanno sviluppato i propri progetti”.
Il problema era non solo che le etichette non erano esaustive, ma che non c’era la possibilità di leggere i dati, perché “non erano disponibili”. “Che determinate sostanze fossero altamente tossiche – spiega Zago – lo sapevano quelle quattro persone dei laboratori delle multinazionali e basta. C’era una ignoranza assoluta che portava a usare in maniera inconsapevole una sostanza senza sapere che si stava inquinando in maniera indecente”.
In campo cosmetico le prove della tossicità sull’uomo sono recenti. Anche oggi, rivela, “uno dei problemi più grossi sono i perturbatori endocrini, sostanze che penetrano nella pelle, entrano in circolo e sono fatte per ingannare il corpo umano e farsi riconoscere come similari a ormoni, solo che non funzionano come ormoni. Uno di questi, usato frequentemente nei filtri solari, è l’octocrylene”. Il rischio di tumore alla pelle con i raggi Uv c’è, Zago non vuol essere tranchant: “Consiglio di usare la crema protettiva, ma aggiungo che è meglio portare un cappellino. In generale, in maniera chiarissima dico che si può creare un filtro solare con fattore spf 50 anche senza Octocylene”.
Sull’annosa questione dei loghi vegan, non lascia spazio a interpretazioni: “Fornirli è un errore. Qualsiasi sostanza ha un certo impatto sull’ambiente. Posso dire di non aver usato animali o derivati di animali in un determinato prodotto, ma quando questo finisce nelle acque di scarico, i pesci li uccide e sono in mare anche loro. O si è rigidi su questo principio o non possiamo dirci coerenti. Io do il logo vegan a condizione che sia gratuito, perché nessuno deve avere la sfrontatezza di far pagare la salute degli animali, e poi bisogna che il prodotto in questione abbia davvero un bassissimo impatto sull’ambiente, è l’unico modo per garantire la sopravvivenza dei pesci”.
Oggi, le certificazioni non indicano ancora la sostenibilità di tutta la filiera. “Magari ci riuscissero. Ci sono degli enti più o meno seri che la vedono in maniera olistica, il migliore si chiama Eu-Ecolabel. È l’unico sistema di certificazione che guarda a 360 gradi la provenienza e dà un giudizio di sostenibilità complessivo”.
La sfida della sostenibilità, in sostanza, per Zago va affrontata in maniera “ragionevole”: “Se diciamo basta a tutto finisce che tutti tornano ai siliconi e l’industria dei siliconi sta facendo carte false per redimersi. Ma non esistono siliconi buoni, ci sono prove che alcuni di questi, inalati, provochino delle gravissime sensibilizzazioni e irritazioni”.
Oggi si va nella direzione giusta, ma tanto c’è ancora da fare per una cosmesi più vicina alle esigenze dell’uomo e del pianeta: “Il futuro sarà migliore a due condizioni, la prima è che venga approvata una legge europea che faccia chiarezza su cosa è biologico e cosa non lo è, perché qui tutti si svegliano una mattina e scrivono bio senza nessuna chiarezza. Lo trovo scorretto. L’altra cosa che serve è che vengano fatti i controlli: è inutile avere leggi che nessuno fa rispettare, questo è drammatico”.
Pensa ai più giovani, con cui ha confronti continui: “Quando parlo con gli attivisti del movimento del Fridays for Future, mi vergogno. La mia generazione gli ha rovinato il mondo, gli stiamo consegnando in eredità uno straccio. Io per prima cosa chiedo loro scusa per non aver fatto di più di quello che ho fatto, lasciando in mano un mondo tremendo. Tutti dobbiamo dare elementi di discernimento alle nuove generazioni. Non possiamo deluderli, non dobbiamo tradirli”.