Clima, il meteorologo: “Servono duemila miliardi contro dissesto idrogeologico”

Secondo l'esperto Sottocorona, la mano dell'uomo sui cambiamenti climatici è evidente.: "In passato, un evento estremo si verificava ogni dieci anni, adesso la frequenza è aumentata in forma esponenziale"

In montagna nevica meno e a quote sempre più alte. È un dato di fatto, una tendenza che si va consolidando anno dopo anno e che trova conferma nel 2022, l’anno con l’estate più calda di sempre.
Cosa significa avere meno neve sulle cime? “Significa molto, soprattutto riduzione dei ghiacciai, aumento del rischio frane, minore disponibilità di acqua”, spiega a GEA il meteorologo Paolo Sottocorona. I ghiacciai hanno ormai un bilancio in perdita tra l’inverno e l’estate, il che significa “mancanze idriche, situazioni siccitose. L’abbiamo visto benissimo questa estate, con i livelli di fiumi e laghi che si stanno abbassando, mostrando questa sofferenza”, osserva. La crisi dei ghiacciai si ripercuote sui fiumi, quindi anche sull’irrigazione e l’elettricità. “Da qualunque punto di vista lo si voglia vedere, abbiamo una serie di criticità”, afferma.
Qualche nevicata sulla zone alpine c’è stata ma, denuncia, “per ora non basta”: “Dovrebbe nevicare molto e bene”, afferma.
Sui prossimi mesi non si sbilancia: “Non esistono previsioni stagionali che abbiano un’attendibilità decorosa, so che ne parlano tutti, ma tecnicamente e correttamente non si può fare, si può vedere la tendenza. E la tendenza è quella che abbiamo visto, siccità, mancanza di piogge e di nevicate, precipitazioni torrenziali e aumento degli eventi estremi”.

Gli eventi estremi non bastano a compensare neanche in parte la mancanza di precipitazioni: “Se alla fine di quest’anno facessimo una media, potremmo trovare che la quantità di pioggia totale è quasi normale, ma si distribuisce diversamente. In media, le piogge mensili si dovrebbero aggirare intorno ai 70-80 millimetri, che fanno 900 millimetri all’anno. Ma se in una zona non piove per mesi e poi piove 200 millimetri in 2 ore, come è successo a Ischia, questo è un problema”.
Ci sono zone, nel mondo, in cui piove 10-15 volte in più che in Italia. Perché lì non ci sono frane? “Perché sono decine di migliaia di anni che succede così, quello che doveva franare è franato, il terreno è assestato per quel regime – scandisce il meteorologo -. I nostri terreni, che sappiamo da decenni essere fragili, sottoposti a questi stress crollano. Emerge quell’assenza di interventi che dura da quando ero bambino io. E adesso si paga: fino a pochi anni fa un evento estremo si verificava una volta ogni 10 anni, sembrava sfortuna, adesso non dico che ne abbiamo uno al mese, ma la frequenza è aumentata in maniera esponenziale. In maniera più rapida di quello che si pensava”.

Del cambiamento climatico molto si è parlato, la strada è segnata, “si sperava che il passo fosse più lento”, osserva Sottocorona, che denuncia una mancanza di coraggio negli interventi di messa in sicurezza del territorio: “Qui parlano di interventi da 2 miliardi, ma servono 2mila miliardi per mettere l’Italia in sesto”.
La mano dell’uomo, sui cambiamenti climatici, è evidente per il meteorologo: “Seimila anni fa non c’erano città, strade, ponti. Oggi questo aumento della temperatura è davanti a tutti e gli effetti non sono identici in tutto il pianeta, ci sono zone in cui è andata meglio e zone in cui è andata peggio. Ma non possiamo contare sulla speranza. Fidarsi della buona stella è criminale, perché muore la gente”.
Al di là di interventi massicci, alcune tragedie sarebbero evitabili. È ancora nel ricordo di tutti la tragedia di Rigopiano: “Quello era un evento più che prevedibile – conferma Sottocorona -, non è neanche un discorso di abusivismo, il problema non è solo costruire in regime abusivo ma anche costruire in zona pericolosa. Quanta leggerezza e disinteresse c’è nel rilasciare i permessi. La certificazione geologica dovrebbe essere rilasciata ogni volta che si intende costruire qualcosa. L’aspetto geologico è fondamentale in qualunque costruzione perché abbiamo un terreno fragile e soggetto a stress idrogeologici fortissimi. Dobbiamo cambiare il sistema e, prima, cambiare testa. Serviranno tempo e competenze”.