Le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Unione Europea non si limitano a colpire l’industria manifatturiera e le imprese esportatrici: anche il lavoro autonomo intellettuale rischia di subire effetti significativi. È quanto emerge dallo studio ‘Le libere professioni alla prova dei dazi’ curato dall’Osservatorio delle libere professioni con Confprofessioni, Gestione Professionisti e Beprof.
La ricerca, basata su un Indice di vulnerabilità specifico, ha valutato l’esposizione indiretta dei professionisti italiani a un possibile shock commerciale Usa, analizzando la quota di fatturato generata da imprese attive nei settori più orientati all’export.
I dati evidenziano ampie differenze settoriali e territoriali: le professioni economico-finanziarie risultano le più a rischio (indice 201,5), seguite da consulenti del lavoro (197,5), ingegneri (193,8) e professioni tecnico-specialistiche (162,1). Maggiormente esposto il Nord Est (138,4), mentre Centro e Mezzogiorno presentano valori più bassi.
“Alla luce dei dati, noi professionisti siamo pronti a fare la nostra parte – ha sottolineato Marco Natali, presidente di Confprofessioni – Abbiamo colleghi strutturati, con competenze internazionali che possono supportare le Mpmi – che rappresentano il 95% del nostro tessuto produttivo – nell’affrontare questa sfida. Ma servono strumenti di sostegno e, soprattutto, una strategia condivisa. La priorità ora è garantire certezze, visione strategica e sostegno operativo e sistemico. Solo così potremo trasformare una sfida complessa in una leva di crescita per il Paese”, ha concluso Natali.