Arriva il ‘Whatever is necessary’ di Lagarde: rischi a top da fine Guerra Fredda

La presidente della Bce avverte sulle implicazioni potenzialmente negative di una corsa al riarmo dell'Europa sull'inflazione.

Lagarde

Dal “Whatever it takes” di Mario Draghi al “Whatever is necessary” di Christine Lagarde. Dazi, guerre, nuovo debito e nuovi investimenti per la difesa… dall’elezione di Donald Trump il mondo sembra cambiato e ora – dice la presidente della Bce alla conferenza organizzata dall’Istituto per la stabilità monetaria e finanziaria presso la Goethe University di Francoforte – “l’indice di incertezza della politica commerciale si attesta attualmente su un valore prossimo a 350, ovvero più di sei volte il suo valore medio dal 2021. E gli indicatori di rischio geopolitico hanno raggiunto livelli mai visti dai tempi della Guerra Fredda, se si escludono guerre e grandi attacchi terroristici”.

Con tutta questa carne al fuoco, secondo Lagarde, “è impossibile che l’inflazione headline sarà sempre al 2% nel tipo di ambiente che stiamo affrontando ora”. Ecco perché la Bce dovrà mantenere un forte impegno per garantire la stabilità dei prezzi nel medio termine. “Questo impegno richiederà agilità nel rispondere ai nuovi shock, seppur all’interno di un quadro ben definito che limiti reazioni miopi e una discrezionalità sfrenata”, spiega la presidente. La Bce dovrà analizzare attentamente quali tipi di shock richiederanno una reazione monetaria e l’agilità per rispondere in modo appropriato. Lagarde ha fatto riferimento agli “shock” come variabili imprevedibili che potrebbero avere un impatto significativo sulla dinamica dei prezzi, in particolare in Europa, che è altamente esposta a fratture nei flussi commerciali e agli shock geopolitici, come quelli legati ai cambiamenti climatici e alle politiche commerciali.
Inoltre, la numero uno dell’Eurotower parla della difficoltà di prevedere l’evoluzione dei prezzi, poiché, a differenza del passato, la Bce si trova a fronteggiare una serie di nuovi fattori inflazionistici.

Sebbene alcuni fattori strutturali come l’invecchiamento della popolazione e la digitalizzazione possano avere effetti disinflazionistici nel lungo periodo, nuovi shock legati alla difesa, al commercio e alla geopolitica potrebbero invertire questa tendenza e aumentare l’inflazione. Lagarde spiega che “la frammentazione del commercio e una maggiore spesa per la difesa in un settore con capacità limitata potrebbe in linea di principio spingere verso l’alto l’inflazione”, ma allo stesso tempo sottolinea che “i dazi statunitensi potrebbero anche ridurre la domanda di esportazioni Ue e reindirizzare la capacità in eccesso dalla Cina all’Europa, il che potrebbe spingere verso il basso l’inflazione”.

L’area euro, che dipende fortemente dalle importazioni di energia, è particolarmente vulnerabile a questa volatilità, come dimostrato dalle recenti fluttuazioni nei prezzi. Come sottolinea Lagarde, “la zona euro dipende fortemente dalle importazioni di energia. Come abbiamo visto nelle ultime settimane, è probabile che i rischi geopolitici determinino una maggiore volatilità nei tassi di cambio e nei prezzi dell’energia e delle materie prime”.

Lagarde analizza anche come questi shock possano portare a un comportamento inflazionistico non lineare. In altre parole, potrebbero provocare un aumento sproporzionato dell’inflazione, con effetti a lungo termine che richiedono un adattamento graduale dei salari. “Una caratteristica del recente shock inflazionistico è stato l’aumento della frequenza delle variazioni dei prezzi. Ciò può portare a un’inclinazione della curva di Phillips e, più in generale, a un impatto proporzionalmente più forte di grandi shock sull’inflazione”, afferma Lagarde. “Se tale politica dei prezzi dipendente dallo Stato diventasse la norma quando l’economia è colpita da grandi shock, ma la frequenza della determinazione dei salari rimanesse inferiore a quella dell’adeguamento dei prezzi, potremmo assistere a un’inflazione più persistente”, aggiunge.

Nel suo intervento, Lagarde rimarca infine che le sfide attuali sono senza precedenti, richiedendo una costante vigilanza e un impegno continuo da parte della Bce per adattarsi alle nuove circostanze. “La nostra risposta al recente episodio di inflazione dovrebbe dare all’opinione pubblica la certezza che faremo sempre tutto il necessario per garantire la stabilità dei prezzi e che i nostri quadri politici possono adattarsi alle nuove circostanze”, conclude Lagarde. Cosa farà dunque? Non si sa… Basterà la parola, come accadde con Draghi nel luglio 2012?