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“La bioeconomia è fondamentale per la decarbonizzazione, però non è contemplata nel Pnrr”. Per bioeconomia si intende quel sistema che utilizza le risorse biologiche, inclusi gli scarti, per produrre beni ed energia. Include la filiera agro-alimentare, la farmaceutica bio-based, legno e mobili a base bio, la bioenergia, i rifiuti biodegradabili, il sistema moda bio-based, chimica, gomma e plastica a base bio, carta e prodotti in carta, ciclo idrico. In Italia nel 2022 il valore della produzione della bioeconomia ha raggiunto 415,3 miliardi di euro con circa 2 milioni di occupati, secondo il rapporto sulla Bioeconomia in Europa di Intesa Sanpaolo-Cluster Spring. Negli Usa, attraverso l’Inflation Reduction Act e il Biotechnology and Biomanufacturing executive order dell’amministrazione Biden, si sta assistendo a un passaggio importate, ovvero il concetto di biotecnologia si sta trasformando in biomanifattura, mentre a livello europeo – ad esempio – siamo legati ancora alla Dg Research and Innovation e non alla Dg Growth. “La bioeconomia però è già industria, investimenti con applicazioni importanti, penso all’automotive, alla moda, in generale al made in Italy, alle bioplastiche compostabili. Solo cambiando orizzonte, tutelando il settore e finanziandolo adeguatamente si potranno attrarre maggiori investimenti”. Sono queste le parole di Mario Bonaccorso, direttore di Spring – Sustainable Processes and Resources for Innovation and National Growth -il cluster italiano sulla bioeconomia circolare, che ha organizzato a Firenze presso l’Innovation Center di Fondazione CR Firenze – insieme a Assobiotec l’Associazione nazionale di Federchimica per lo sviluppo delle biotecnologie e Innovhub Stazioni Sperimentali per l’Industria con la collaborazione di Fondazione CR Firenze e Agenzia Ice – la tredicesima edizione del Forum Internazionale sulle Biotecnologie Industriali e la Bioeconomia (Ifib), uno dei più importanti eventi a livello mondiale dedicato alla bioeconomia circolare come nuovo paradigma per lo sviluppo sostenibile e la lotta al cambiamento climatico.
La due giorni fiorentina ha visto alternarsi numerosi relatori internazionali, focalizzandosi su diverse applicazioni industriali che stanno realizzando una vera e propria rivoluzione nei processi e prodotti innovativi e sostenibili già disponibili sul mercato. Si è dibattuto anche di aree urbane, destinate a essere completamente riviste dal momento che ci sposteremo con tempi e modi diversi con le città saranno costrette a integrare nuovi servizi e nuovi modelli di espansione. Agricoltura e moda sono stati invece i topic principali discussi oggi, rappresentando settori chiave per l’economia italiana e sono anche tra quelli più coinvolti dalla rivoluzione della bioeconomia. Un legame stretto che vede intrecciarsi nuovi modelli di business in una continua circolarità destinata a cambiare i più consolidati claim. Ormai l’agricoltura non sarà più solo costretta a produrre di più con meno, ma avrà l’opportunità di ri-generare l’ambiente traendo da questo anche nuove linee di reddito.
“Vogliamo capire se l’Italia vuole essere produttore di bioprodotti o essere semplicemente acquirente. Va bene l’economia circolare, ma la bioeconomia è dirompente consentendoci di utilizzare risorse biologiche rinnovabili, con una importante valenza geopolitica, producendo con ciò che è disponibile localmente. Abbiamo bisogno – sottolinea ancora Bonaccorso – di atti concreti, di politiche stabili e coerenti. Noi come Spring abbiamo intanto siglato un protocollo d’intesa con l’European Circular Bioeconomy Fund per supportare start up e ricerca d’eccellenza così da creare posti di lavoro”, oltre ai 2 milioni di occupati già operanti nel settore.
A livello europeo, considerando Francia, Germania, Italia e Spagna nel complesso, la bioeconomia ha generato nel 2022 un output di circa 1.740 miliardi di euro, dando lavoro a oltre 7,6 milioni di persone. L’Italia si posiziona al terzo posto in Europa per valore della produzione, dopo Germania (583,3 miliardi) e Francia (452 miliardi) e al secondo porto per occupazione, seguita da Francia (1,9 milioni) e Spagna (1,6 milioni). Il 2022 si è chiuso in crescita per tutti i settori, confermando il recupero già osservato nel 2021. Il contributo più rilevante alla crescita della bioeconomia nel 2022 è quello della filiera agro-alimentare. In Italia spicca però quella della moda, con un peso sul totale della bioeconomia superiore all’11%, contro valori di poco superiori al 2% in Spagna e Francia, e sotto il 2% in Germania. La quota bio-based del Sistema Moda italiano (che include la filiera del tessile-abbigliamento e della pelle) si posiziona su livelli poco inferiori al 50%. Seguono Francia e Spagna, con un peso bio-based del 40% circa, e infine Germania, dove il coefficiente bio sulla produzione totale è inferiore al 40%.