Un mondo senza fumo e più sostenibile, dove la ricerca e lo sviluppo portino benessere a tutti. E’ il sogno di Philip Morris International. Un sogno che, in occasione del Technovation che si è svolto presso The Cube, a Neuchatel, in Svizzera, Tommaso Di Giovanni, Vice President, International Communications and Engagement, racconta a GEA.
Già tempo fa Philip Morris International ha annunciato la sua ambizione di un mondo senza fumo, a che punto siamo?
“Era il 2016 quando lo disse alla BBC il nostro Ceo, sorprendendo tutti. Poi quell’ambizione è stata condivisa con i nostri investitori. Per noi è veramente una missione e siamo ancora l’unica azienda del tabacco ad averla. Stiamo andando rapidamente in questa direzione, anche ampliando il portafoglio dei prodotti. Abbiamo cominciato con il tabacco riscaldato, ora ci sono sigarette elettroniche di vario tipo, gli snus, i sacchetti nicotinici. Dove siamo a questo punto? Diciamo che abbiamo fatto molta strada, abbiamo già 27 milioni di consumatori che hanno adottato questi prodotti nel mondo, il 71-72% che hanno abbandonato le sigarette, i nostri prodotti sono presenti in 82 mercati, più di 70 per i prodotti a tabacco riscaldato. Ad oggi più di un terzo, siamo sul 36-37%, dei nostri introiti viene da prodotti senza fumo. E in Paesi come l’Italia è più della maggioranza, in realtà. Quindi siamo già, in alcuni Paesi, fondamentalmente un’azienda di prodotti senza fumo. Questo progresso è rapido se si pensa che è stato fatto in pochi anni e e in alcuni Paesi selezionati. Certo, si può fare di più e secondo noi ci sono Paesi, inclusa l’Italia, in cui se tutti vanno nella stessa direzione nel giro di 10-15 anni si possono mettere le sigarette in un museo”.
Quanto incidono le politiche dei Governi in questo cambiamento?
“Io direi che hanno un ruolo importantissimo, in tutte le innovazioni a un certo punto la società e i governi devono accelerare il cambiamento. Perché altrimenti non avviene in modo così rapido. Guardiamo, per esempio, alle auto elettriche, dove i governi stanno avendo un ruolo importante, ma pensiamo a tutte le altre innovazioni che hanno cambiato la nostra vita recentemente. Ci sono Paesi che oggi addirittura proibiscono questi prodotti, come l’Argentina e la Turchia. E in quei Paesi si vedono due cose: che le persone continuano a fumare le sigarette, invece di passare a prodotti migliori, e che invece quelli che passano a prodotti migliori lo fanno tramite il mercato illecito. In Messico, per esempio, dove recentemente hanno proibito questi prodotti, un terzo della popolazione usa prodotti di dubbia qualità e provenienza, ed è ancora peggio. Fra l’altro depriva il Governo di risorse finanziarie. Invece in altri Paesi, come Nuova Zelanda e Regno Unito, che adottano una politica che non solo ammette questi prodotti sul mercato ma ne promuovono l’uso fra coloro che non smettono di fumare, si sta assistendo a una transizione molto più rapida, tanto che questi due Paesi hanno l’ambizione di ritrovarsi senza sigarette per il 2035. Quindi è possibile, però ci vuole comunicazione, informazione e un ruolo attivo delle autorità di salute pubblica e della società in generale”.
L’Italia come si pone sotto questo punto di vista?
“L’Italia è stato uno dei primi Paesi ad adottare una legislazione piuttosto progressiva, poi la questione è nell’implementazione di quella legislazione ed è forse lì che l’Italia può fare di più. In Italia c’è già una fetta preponderante della popolazione che usa prodotti senza fumo, se ci fosse più informazione ai consumatori, più incentivi perché coloro che fumano passassero su prodotti migliori, probabilmente fra dieci anni si potrebbe dire addio alle sigarette. Ci vuole un ruolo più positivo. Il quadro legislativo c’è, la questione è di implementarlo, lasciando un po’ da parte ideologie proibizionistiche che non aiutano”.
In Italia Philip Morris ha sempre investito molto…
“L’Italia per noi è sempre stato un Paese importante, è uno dei Paesi in cui abbiamo una presenza storica, è uno dei Paesi che producono tabacco di qualità e ed è uno dei Paesi che storicamente sono più aperti a questo tipo di innovazioni. L’Italia per esempio è un paese in cui, semplicemente tramite le nostre attività, noi contribuiamo a un indotto di 40.000 lavoratori, di cui 20-22mila nell’agricoltura. E’ un Paese in cui abbiamo un centro di eccellenza nella manifattura a Crespellano con un investimento di 1,2 miliardi e oltre 2mila persone che ci lavorano. Attorno a quel centro ci sono una serie di aziende che vanno dai macchinari al packaging e che sono delle eccellenze conosciute. Quindi per noi è un indotto molto importante Addirittura è stato il primo centro di manifattura e anche di formazione per gli altri nel mondo che ora sono 27. Siamo partiti da lì, e adesso stiamo investendo in altri settori. Non solo l’agricoltura, ma abbiamo per esempio quelli che si chiamano Disc che sono centri di formazione digitale a Marcianise, Taranto e Terni, in cui impieghiamo circa 700 persone. E poi abbiamo un centro per andare verso l’industria 4.0 che è anche lui è piuttosto avanzato e qualcosa di speciale che poi speriamo che contribuisca anche al di là della nostra della nostra industria. Quindi l’Italia è sempre stato un Paese importante per noi, lo è da decenni”.
Quali sono le prospettive del Gruppo per i prossimi anni?
“Io direi tre cose. La prima: dobbiamo continuare a migliorare i prodotti esistenti e ad ampliare la gamma perché. Perché come in ogni prodotto di tecnologia bisogna fare in modo che i consumatori abbiano sempre l’ultima generazione, sempre dei prodotti migliorati rispetto ai loro aspettative, un po’ come succede nella telefonia, bisogna fare in modo che le loro aspettative trovino risposte in una serie di prodotti differenziati. L’importante è dargli una scelta in modo che abbandonino le sigarette. La seconda linea di ricerca di sviluppo è quella di continuare nella ricerca scientifica: siamo arrivati a stabilire chiaramente alcuni parametri, per esempio che Iqos genera livelli significativamente inferiori di sostanze nocive rispetto alle sigarette, abbiamo fatto studi sulla tossicità, abbiamo fatto studi clinici, adesso per noi bisogna entrare sempre di più in quella che si chiama epidemiologia per verificare l’impatto di tutto questo sulla popolazione. Ciò che abbiamo visto finora promette molto bene, però quella è la nostra frontiera. E poi dobbiamo anche investire in quello che noi chiamiamo Healt Care and Wellness: ci siamo resi conto che adesso con 1.500 fra ingegneri, fisici, chimici, scienziati e i loro staff abbiamo la capacità di cominciare a costruire un futuro al di là della nicotina e qui ci siamo focalizzando su tecnologie e soluzioni in generale per il benessere delle persone. Un esempio sarebbe aerosolizzare dei composti che aiutino a dormire meglio e a rilassarsi, piuttosto che a risolvere altre problematiche. Quella è una direzione in cui stiamo andando, ne stiamo giusto mettendo le basi. E’ presto, però quella è un’altra direzione che stiamo esplorando”.