
Il day after il ribaltone di Trump sui dazi è giornata da montagne russe, dietrofront, rinvii e discussioni da un capo all’altro del mondo. Compresa l’idea che il presidente Usa possa aver fatto insider trading, cioè aver utilizzato informazioni note prima che fossero rese pubbliche per vendere o acquistare titoli finanziari al momento giusto.
La questione nasce da un post pubblicato da Trump sul suo social Truth, poche ore prima dell’annuncio della sospensione dei dazi per 90 giorni a tutti Paesi che “gli hanno chiesto un negoziato”, tranne la Cina, contro cui le nuove tariffe saliranno al 145% e non al 125% come annunciato in un primo momento, perché della somma totale delle imposte fa parte anche il 20% già esistente dall’inizio di marzo, nel quadro della lotta contro il traffico di fentanyl.
Mercoledì, pochi minuti dopo l’apertura di Wall Street, il presidente ha postato, a caratteri maiuscoli, “E’ il momento di comprare”. E una manciata di ore dopo è arrivato l’annuncio della sospensione dei dazi. La conseguenza? Un rimbalzo storico delle borse. L’indice Dow Jones ha chiuso mercoledì in rialzo del 7,87% – l’aumento più forte dal 2008 – e l’indice Nasdaq del 12,16%, un record dal 2001. “Il giorno più importante della storia per i mercati”, ha detto oggi il presidente Usa. Trump ha manipolato il mercato azionario per permettere ai suoi ‘amici’ di arricchirsi? Diversi membri del Partito democratico lo sospettano: troppo evidente, accusano, il legame tra l’invito via social e la spettacolare inversione di tendenza sulle imposte, che ha fatto impennare Wall Street. “Il presidente degli Stati Uniti è letteralmente coinvolto nella più grande manipolazione del mercato al mondo”, hanno affermato su X i membri democratici della commissione per i servizi finanziari della Camera dei rappresentanti.
La Casa Bianca ha reagito alle accuse con un certo aplomb. “È responsabilità del presidente degli Stati Uniti rassicurare i mercati e gli americani sulla loro sicurezza economica di fronte al costante allarmismo dei media”, ha detto Kush Desai, portavoce della Casa Bianca, mentre il ministro del Commercio Howard Lutnick, intervistato dalla Cnbc, ha glissato: “Donald Trump capisce che gli Stati Uniti sono la più grande nazione del mondo”.
La nuova traiettoria delineata dal presidente Usa, non sarà comunque priva di rischi. “La transizione” legata alla politica dei dazi doganali, “avrà un costo – ha detto Trump durante una riunione del suo governo alla Casa Bianca – e porrà dei problemi, ma alla fine andrà bene”. Lo ha detto il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump durante una riunione del suo governo alla Casa Bianca.
Intanto, ormai isolata nella guerra commerciale contro l’amministrazione americana, la Cina tenta ancora di tenere testa a Washington, da un lato promettendo di “lottare fino alla fine” e, dall’altro, lasciando uno spiraglio per il confronto. “La porta è aperta ai negoziati – assicura il ministero cinese del Commercio – ma questo dialogo deve essere condotto su un piano di parità e basato sul rispetto reciproco”. In attesa di un eventuale accordo, Pechino ha risposto con un dazio dell’84% su tutti i prodotti americani e ha annunciato di voler ridurre il numero di film americani distribuiti sul suo territorio.
Questa nuova escalation tra le due grandi potenze mondiali non ha impedito ai principali mercati azionari asiatici ed europei di riprendersi, con gli investitori che scommettono su una tregua nel conflitto commerciale globale. Secondo la direttrice generale dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), Ngozi Okonjo-Iweala, la sola lotta tra Pechino e Washington potrebbe ridurre “fino all’80%” gli scambi di merci tra i due paesi e cancellare “quasi il 7%” del Pil mondiale a lungo termine”.
L’Unione europea ha “congelato” per 90 giorni i contro-dazi agli Usa per “dare una possibilità ai negoziati”, come ha annunciato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Ma se i colloqui “non saranno soddisfacenti, entreranno in vigore le nostre contromisure”, ha assicurato.
I Paesi dell’Asean, il blocco regionale che riunisce dieci paesi del Sud-est asiatico, si sono impegnati a “non imporre misure di ritorsione” contro gli Stati Uniti, mentre per il Canada lo stop temporanei “è una tregua”. Il primo ministro, Mark Carney, ha confermato lo svolgimento dei negoziati tra Ottawa e Washington dopo le elezioni federali canadesi, previste per il 28 aprile.