Non solo instabilità geopolitica, incertezza energetica e pandemia. Dietro gli scricchiolii del sistema economico globale si nascondono i limiti di un modello di sviluppo lineare fondato sul
paradosso di una domanda crescente di materiali disponibili solo in quantità fisicamente limitate sul nostro Pianeta. A pesare sulla crisi è il ritardo nella transizione globale verso un’economia circolare, basata sul recupero dei materiali e sul loro riutilizzo in nuovi processi produttivi di trasformazione. È questa l’analisi della congiuntura attuale elaborata dal Circular Economy Network (Cen) e recentemente presentata alla fiera Ecomondo di Rimini.
Eloquente, in questo senso, la crisi delle materie prime, particolarmente gravosa per il settore dell’hi-tech. Negli ultimi anni l’Europa ha sistematicamente importato a prezzi elevati elementi
come rame, litio e cobalto, incentivando attività estrattive e dimenticando di sfruttare con efficacia una preziosa fonte di approvvigionamento interno come i rifiuti. Un ritardo confermato
dai dati: tra il 2018 e il 2020 il tasso di circolarità nel mondo è sceso dello 0,5%. Oggi recuperiamo solo l’8,6% delle risorse che ogni anno strappiamo alla Terra. Per creare beni e
servizi vengono consumati oltre 100 miliardi di tonnellate di materie prime all’anno, più della metà per prodotti di breve durata. Un ritmo insostenibile non solo dal punto di vista economico,
ma anche ambientale.
“La conversione verso modelli di produzione e di consumo circolari – commenta Edo Ronchi, presidente del Cen – è una necessità non solo per garantire la sostenibilità dal punto di vista
ecologico, ma anche per la solidità della ripresa, la stabilità dello sviluppo e la competitività delle imprese”. La creazione di un secondo, ampio mercato per i materiali necessari alla ripresa –
slegato da logiche lineari – avrebbe forse scongiurato la crisi attuale, ma un vero slancio tecnologico in questa direzione non c’è ancora stato. “Oggi non siamo ancora in grado di attuare
quel disaccoppiamento tra crescita del Pil e uso di materie prime che è il principale obiettivo dell’economia circolare”.
A fare in parte da contraltare all’analisi, è la situazione relativamente positiva dell’economia circolare in Italia. Il nostro Paese ha fatto registrare buone performance se confrontate con quelle
dei principali competitor europei. Il consumo pro-capite di materiali è di 7,4 tonnellate di materia all’anno, quasi la metà rispetto alle 13,4 usate in Germania. E se nel 2020 il tasso di utilizzo
circolare di materia in Ue è stato pari al 12,8%, in Italia è stato raggiunto il 21,6%, dato secondo solo a quello della Francia (22,2%) e di circa dieci punti percentuali superiore a quello della
Germania (13,4%). Nello stesso anno, l’economia italiana è stata l’unica ad aver registrato un incremento nella produttività delle risorse: a parità di potere d’acquisto, per ogni chilo di
materiale consumato in Europa sono stati generati 2,1 euro di Pil contro i 3,5 del nostro Paese (il 60% in più rispetto alla media Ue).
Risultati importanti, quindi, ma non ancora sufficienti per far fronte all’attuale crisi sistemica, soprattutto in un Paese come il nostro quasi completamente sprovvisto di materie prime per
l’industria avanzata. Nonostante l’Italia occupi “una buona posizione in Europa sul fronte dell’economia circolare, le sue performance non le consentono di raggiungere gli obiettivi che il
quadro economico attuale, con la forte crescita dei prezzi delle materie prime e l’incertezza delle forniture, richiederebbe”.
Per colmare il gap, secondo Ronchi, “occorre rendere più rapida l’attuazione del nuovo Piano di azione europeo per l’economia circolare – approvato a febbraio 2021 – che ha l’obiettivo di
accelerare la transizione verso un’economia circolare e rigenerativa”. Particolare attenzione andrebbe riservata “alla progettazione di prodotti sostenibili, alla circolarità nei processi produttivi e nei settori a più alta intensità di risorse e ad alto impatto ambientale”. A dare slancio al processo potrebbero essere i fondi previsti dal Pnrr, grazie ai quali sarà presto possibile attivare
finanziamenti legati all’economia circolare per 2,1 miliardi di euro, con un volume di investimenti destinato a crescere.
In attesa dei bandi, però, è importante continuare a lavorare per raggiungere gli obiettivi previsti già a partire dalla prossima legge di bilancio. Tre, in particolare, sono le misure che il Cen chiede
al nuovo governo di inserire tra le priorità in vista della finanziaria: “Pensiamo sia importante rafforzare prima di tutto il credito di imposta Transizione 4.0, a sostegno degli investimenti delle
imprese in direzione dell’economia circolare. È poi necessario estendere e rafforzare gli incentivi fiscali per l’utilizzo di materiali riciclati. Dobbiamo infine intervenire con una revisione del
sistema di tassazione ambientale sui rifiuti, incentivando la raccolta differenziata e il riciclo e disincentivando lo smaltimento in discarica, per fare pagare meno cittadini e Comuni virtuosi”,
conclude Ronchi.