La transizione verde è stata cavalcata troppo, e ci sono settori come l’acciaio che rischiano di pagare la spinta ‘green’ impressa dalla Commissione europea, probabilmente andata troppo oltre. Axel Eggert, direttore generale di Eurofer, l’associazione dei produttori europei dell’acciaio, questi dubbi li ha. Se si guarda all’energia pulita, spiega nell’intervista concessa a GEA, “l’obiettivo della Commissione è quello di avere 10 milioni di tonnellate di idrogeno prodotte in Europa entro il 2030 e altre 10 milioni di tonnellate importate, un target che credo sia troppo ambizioso”. Tanto che, ammette, “se riusciamo a garantire sette milioni di tonnellate di idrogeno sarebbe giù un bene”. Tutti messaggi che il settore porterà a Venezia, nella tavola rotonda organizzata dalla Commissione UE a Venezia sull’acciaio verde europeo, e che vedrà il contributo del gruppo Withub attraverso la moderazione del dibattito di Lorenzo Robustelli, direttore di Eunews.
Sia chiaro: per Eurofer l’agenda di sostenibilità non è in discussione. Ma il calendario appare troppo serrato. “Se vogliamo essere i capofila e procedere più speditamente degli altri, allora vanno prese le giuste misure per salvaguardare la produzione in Europa”. Perché, se si guarda all’acciaio, ammette Eggert, la produzione ‘made in EU’ è a rischio. “Se in Europa c’è un prezzo della CO2 così elevato bisogna essere sicuri che almeno le importazioni di acciaio rispondano agli stessi incentivi. Esattamente quello che non stiamo facendo. Così si rischia un’emorragia dell’industria in Europa”. Detto in altri termini, più brutali: “Produrremo meno acciaio, ma verde”. L’Europa rischia di rimetterci, a meno che non si cambi, e in fretta, il sistema produttivo. “Abbiamo bisogno di idrogeno, ma l’idrogeno non c’è”. E’ questo un rimprovero ad un’Europa che si trova non tanto a correre quanto a rincorrere un sistema tutto da inventare. Perché se “la nostra industria è pronta”, non lo è tutto il mondo al di fuori e attorno al settore dell’acciaio, lamenta il direttore generale di Eurofer. “Quel poco di idrogeno che abbiamo deriva da fonti fossili, non solo in Europa”.
Manca praticamente tutto, allo stato attuale. L’elenco di Eggert è ampio. “Sicuramente vanno realizzate le infrastrutture, le condutture devono essere pronte, serve energia elettrica per produrre idrogeno”. Ultimo ma non meno importante, “servono punti di stoccaggio”. L’industria dell’acciaio è energivora, e quindi “ha bisogno di forniture consistenti”. Per un bisogno di idrogeno verde, prodotto da fonti rinnovabili, il comparto non può rimanere in balia del meteo. Ecco perché servono punti di immagazzinamento. “Da qui al 2023 avremo bisogno di circa 2 milioni di tonnellate di idrogeno solo per i progetti in corso”, sottolinea Eggert, per meglio dare le dimensioni di quella che non esista a considerare “la sfida dei prossimi anni”.
La politica quindi deve fare le scelte del caso, e garantire i sostegni. I finanziamenti dell’Ue in materia di acciaio sostenibile vanno nella giusta direzione. “E’ di cruciale importanza per lo sviluppo e l’innovazione del settore”, che deve rispondere ad una corsa che non vede solo la concorrenza dell’est del mondo. “Non c’è solo la Cina”, sottolinea Eggert. Quando si parla di idrogeno per l’industria, “i prezzi sono importanti se si pensa per esempio la concorrenza con gli Stati Uniti, che con l’Inflation Reduction Act sta sostenendo lo sviluppo dell’idrogeno verde”. Quello che avviene è che “negli Stati Uniti il costo per produrre idrogeno sarà quasi pari a zero, e l’UE deve andare nella stessa direzione”. Altrimenti in nome della sostenibilità si perderanno quote di mercato, capacità industriale a casa, col rischio di import da Paesi che “non decarbonizzano allo stesso ritmo dell’Europa”