
Una popolazione sempre più in calo – circa il 10-15% in meno nei prossimi 20 anni – un ambiente “meno favorevole allo sviluppo economico”, costi energetici e logistici “strutturalmente più alti” e accesso ai servizi, come quelli socio-sanitari, più difficile. In audizione presso la Commissione parlamentare per il contrasto degli svantaggi derivanti dall’insularità, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, snocciola le difficoltà legate alla “discontinuità territoriale marittima” e annuncia che in Consiglio dei ministri arriverà “nei prossimi mesi” il collegato alla manovra economica che si chiama ‘Destinazione Italia‘, con l’obiettivo di “incentivare il flusso crescente di capitali stranieri” anche e soprattutto nelle isole maggiori e in quelle più piccole.
E se è vero, dice, che “i principali input produttivi che determinano la competitività delle imprese”, come “disponibilità delle aree utili, costo dell’energia e della materie prime, qualità e quantità della forza lavoro e del capitale umano” costano molto di più, “sul piano strategico solo il ruolo attivo dello Stato può consentire di invertire le condizioni di svantaggio delle isole, evitando sia gli errori fatti nel passato”.
Un ruolo, assicura, che ci sarà e sul quale il governo sta investendo e lo farà ancora di più. Tra i settori “più promettenti e su cui fare leva” ci sono quelli legati alla blue economy, che vanno dal turismo del mare alla pesca, dall’acquacoltura alla nautica da diporto. Ecco perché “è necessario rafforzare l’offerta integrata turistica del mare e del Made in Italy che si caratterizza per sostenibilità, qualità e forte integrazione con il settore dell’industria e della cultura”. Esiste in questo campo, dice Urso, “un’enorme potenzialità di ‘soft power'” legato ,“alla creazione di un brand turistico del made in Italy nel Mediterraneo”, connesso, ad esempio, anche agli stili di vita e alla dieta mediterranea.
Allo stesso tempo, però, le isole devono puntare anche verso “lo sviluppo e lo sfruttamento delle energie provenienti dal mare, sia fossili che rinnovabili”, che potrebbero portare a “un’intera filiera produttiva legata alla produzione industriale delle piattaforme galleggianti” e alla crescita di “settori a più alto contenuto tecnologico e con più margine di crescita competitiva per il futuro”. Come, ad esempio, la “farmaceutica, l’aerospazio, l’industria della difesa su cui necessariamente l’Europa e quindi anche il nostro paese dovrà investire di più”. Serve però, puntualizza Urso, che a Bruxelles “diventi centrale” il tema “dello sviluppo economico delle isole europee”, soprattutto nei “programmi finanziari della Commissione” e che, nello stesso tempo, ogni Regione “insulare o con forte presenza di insularità crei e aggiorni un preciso programma di sviluppo industriale”, in un’ottica di “collaborazione con i territori”.
Un esempio su tutti, spiega il ministro delle Imprese, è quello del Sulcis che può diventare “un esempio e un modello di sviluppo in Europa”. La Sardegna, dice, può ambire a un ruolo di primo piano “in un’ottica di autonomia strategica nel campo delle materie prime critiche”, anche “per la sua tradizione mineraria e industriale, per la conformità dell’isola e per la sua geolocalizzazione al centro del Mediterraneo”.