Transizione e decarbonizzazione sono due parole che segneranno il futuro non solo di case e auto, argomenti al centro delle cronache quotidiane, ma anche del trasporto marittimo, che vede l’Italia ponte naturale nel Mediterraneo e che vanta uno dei principali player nella cantieristica e non solo, a livello mondiale, come Fincantieri. Il gruppo ha chiuso il primo semestre con ricavi per 3,669 miliardi, +4,5 % rispetto allo stesso periodo del 2022, e un margine lordo di 185 milioni dai 90 di un anno fa. In un’intervista a GEA, l’amministratore delegato Pierroberto Folgiero indica i progressi del gruppo verso la sostenibilità e traccia le linee del percorso verso la decarbonizzazione.
Sostenibilità. Avete presentato un piano dettagliato con progetti e missioni da qua al 2027. Secondo lei sarà più impegnativa la transizione energetica nel trasporto marittimo rispetto a quello su strada?
“L’intero mondo della navigazione, che sia crocieristico, mercantile o militare, sta attraversando un processo evolutivo all’insegna dei principi della sostenibilità e dell’economia circolare. Nel quadro del nuovo Piano Industriale abbiamo presentato una chiara strategia per realizzare navi sempre più ecologiche, sicure e performanti, proiettandoci verso la nave del futuro, sostenibile e digitale. Si tratta di una sfida particolarmente ardua, perché tutte le problematiche dell’implementazione di tecnologie legate alla decarbonizzazione che si possono incontrare a terra, si moltiplicano in mare, dove peso e spazio costituiscono vincoli ineludibili. Questo non significa che ci lasciamo intimidire, anzi. Per Fincantieri questa traiettoria è una realtà già consolidata”.
Uno dei temi fondamentali è quello dei carburanti: idrogeno e Gnl quanto possono essere soluzioni realistiche e che tempistiche ci sono?
“L’impiego di combustibili alternativi, insieme a tematiche relative alla cattura di CO2 e alla capacità di riciclare i rifiuti prodotti a bordo – oggi le nostre navi raggiungono una quota del 90% – rivestono un ruolo primario nella riduzione dell’impatto ambientale. Il Gnl si presenta come il combustibile marino più pulito attualmente disponibile su larga scala e già il prossimo anno consegneremo la prima unità ad alimentazione duale diesel e Gnl, la Sun Princess del gruppo Carnival. La traiettoria verso il target net zero passerà per il metanolo, per cui abbiamo già ottenuto i primi ordini, l’ammoniaca e l’idrogeno: la prima è in sperimentazione nelle navi per l’offshore, mentre l’idrogeno è già una fonte ausiliaria nelle operazioni in porto delle navi da crociera, grazie all’esperienza della nostra nave-laboratorio Zeus, alimentata tramite fuel cell e prima nel suo genere al mondo”.
Recentemente avete siglato un accordo per studiare l’utilizzo dei propulsori nucleari: la garanzia di zero emissioni in questo caso ci sarebbe, cambierebbe qualcosa per la sicurezza del trasporto?
“Ciò che oscilla tra il potenziale di una tecnologia e la capacità degli operatori di estrarre quel potenziale, è il fulcro della questione. Le forze migliori devono collaborare per far emergere il percorso di sviluppo che condurrà il nostro settore al raggiungimento degli ambiziosi obiettivi che si è posto. È ciò che abbiamo fatto con l’accordo citato, attraverso cui studieremo applicazioni nucleari di IV generazione per navi di grandi dimensioni. Oltre a newcleo, che porta il know-how, abbiamo come partner il Rina, ente di classifica internazionale di primo livello, impegnato nella certificazione di ogni soluzione secondo i più alti standard richiesti, primo fra tutti quello della sicurezza”.
A livello di gruppo puntate a garantire l’utilizzo di energia elettrica al 100% da fonte rinnovabile entro il 2030. Da dove verrà questa energia?
“I nostri sforzi per aumentare l’uso di energia rinnovabile sono costanti. Lo scorso anno abbiamo firmato un accordo con Renovit, uno dei principali operatori nazionali per le soluzioni innovative di efficienza energetica, per realizzare impianti fotovoltaici nel nostro network produttivo. Stiamo ultimando l’installazione di 22.000 pannelli fotovoltaici in diversi cantieri italiani, che avranno una potenza complessiva di circa 10 MW e, grazie all’autoconsumo dell’energia prodotta, stimabile tra il 75% e il 100%, ci permetteranno di ridurre il prelievo annuale di energia elettrica dalla rete nazionale di circa 11 GWh. La rotta è tracciata”.
Fincantieri è attiva anche nel mondo dell’eolico. Finora, causa aumento dei costi, la corsa all’offshore in Europa sembra rallentata. O non è così? E in Italia?
“L’eolico offshore può essere un grande volano di sviluppo per l’Italia, fornendo un contributo decisivo alla sicurezza e alla transizione energetiche. Il comparto ci vede protagonisti a livello mondiale, grazie a una forte expertise nella progettazione e costruzione di navi di supporto agli impianti eolici in mare aperto e dei campi eolici flottanti”.
Si parla molto di rischio deindustrializzazione. Secondo lei si può coniugare la transizione con la tenuta e il rilancio dell’industria made in Italy?
“Assolutamente. La transizione deve diventare uno dei canali di rilancio della nostra industria. Proprio in riferimento ai parchi eolici, uno sviluppo in questo senso significherebbe un impulso anche all’occupazione, creando posti di lavoro soprattutto al Sud, considerato che un impianto di produzione può impiegare dalle 200 alle 700 persone e che ci potranno volere, a tendere, diversi impianti. Una simile evoluzione rafforzerebbe anche la posizione dell’Italia quale hub energetico del Mediterraneo. Fincantieri è pronta ad agire come attivatore della transizione energetica, guardando al futuro del Paese”.