
Dalle imprenditrici agricole (circa 366mila pari al 31,5% del totale), alle lavoratrici dipendenti (circa 470 mila, cioè il 32% del totale della manodopera), fino a quelle impegnate nel supporto tecnico e scientifico al mondo agricolo, nella trasformazione e somministrazione dei prodotti alimentare, l’universo rurale femminile è costellato da molteplici figure, che svolgono ruoli e funzioni diversificati, la cui rilevanza non sempre è adeguatamente riconosciuta. Per questo, la Giornata internazionale della donna “deve essere un’occasione in più per promuovere un cambiamento culturale in un mondo, quello agricolo, tradizionalmente a prevalenza maschile”, come spiega Alessandra Oddi Baglioni, presidente di Confagricoltura Donna, che ricorda come il mondo femminile rappresenti una parte rilevante della forza lavoro, contribuendo con impegno e dedizione allo sviluppo e alla sostenibilità del settore.
I dati, anno dopo anno, sono in crescita. Le imprenditrici di Confagricoltura Donna si distinguono per il loro livello di istruzione: 2 su 3 sono laureate, mostrano una naturale inclinazione a investire nel digitale e nella sostenibilità ambientale. Le donne, spiega inoltre il Crea, “sono promotrici della diversificazione aziendale: dati alla mano, superano gli uomini nel praticare attività non strettamente legate alla produzione, quali agriturismo, fattorie didattiche, agricoltura sociale. Contribuiscono alla sicurezza alimentare, assicurando prodotti salubri, di qualità e rispettosi dell’ambiente, coniugando la redditività con l’equità e benessere personale e collettivo”.
E’ cresciuta, poi, negli ultimi 12 anni, in percentuale, la presenza femminile negli allevamenti zootecnici, superando il 43%, mentre nelle imprese floricole copre quasi il 52%.
In crescita anche la ‘quota giovane’: secondo un’indagine di Donne Coldiretti, nel 2024 erano 13mila, infatti, le imprese femminili in capo a ragazze sotto i 35 anni, che hanno puntato soprattutto sull’uso della tecnologia per migliorare organizzazione, gestione, rese e qualità. Ed è grande anche l’attenzione al green. Il 60% delle donne ha scelto di dedicare parte della produzione al biologico o al biodinamico e di operare per una filiera di qualità attenta alla sostenibilità, alla tutela della biodiversità e delle risorse naturali, del paesaggio e del benessere animale.
In particolare, poi, le donne creano legami forti con il territorio e sono un vero e proprio presidio per la sopravvivenza e la valorizzazione delle aree rurali. Secondo un recente studio della Penn State e dell’Università del Wisconsin-Madison, infatti, più agricoltrici equivalgono a un maggior benessere della comunità. Ma perché accade? Secondo i ricercatori la causa principale è dovuta al modo in cui le donne affrontano le loro attività; modi che hanno un impatto positivo sulle comunità a cui appartengono. Lo studio, pubblicato su Applied Economics Perspectives and Policy, ha rivelato che le contee degli Stati Uniti con una quota maggiore di aziende agricole possedute o gestite da donne hanno tassi più elevati di imprenditorialità non agricola, aspettative di vita più lunghe e tassi di povertà più bassi. La ricerca esplora, quindi, il concetto di “agricoltura civica” a guida femminile, che “si traduce effettivamente in un miglioramento del benessere della comunità in luoghi con percentuali più elevate di donne agricoltrici”.