Il caro-energia pesa sull’economia. Quella tricolore, in particolare, rischia di risentire profondamente dell’impennata dei prezzi. La bilancia commerciale già ha visto un peggioramento nel saldo, con le importazioni che diventano sempre più un onere per le imprese che lo praticano, ed un fenomeno che merita costante attenzione. L’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane (Ice), suona il campanello d’allarme. Il rapporto annuale evidenzia la situazione di difficoltà in cui versano le aziende. Nel capitolo riservato ai rischi derivanti dall’aumento dei prezzi all’importazione si mette subito in evidenza come l’attuale fase economica italiana “è caratterizzata da un aumento eccezionale” dei prezzi dei beni energetici, i cui effetti sul sistema produttivo possono amplificarsi nei casi di forte dipendenza dalle importazioni di questi prodotti, rappresentando “un rischio per il sistema economico nel suo complesso” e per alcuni settori economici o specifici raggruppamenti di imprese.
Sullo sfondo c’è lo scenario di perdite economiche. L’aumento dei costi dell’energia può far male “incidendo sui margini di profitto in assenza di pratiche che permettano, in tempi brevi, il trasferimento dell’aumento dei costi sui prezzi all’output”. Dati alla mano, le importazioni italiane di beni intermedi e prodotti energetici sono cresciute rispettivamente del 33,8% e 94,1% nel 2021, e del 41,3% e 179,4% tra gennaio e aprile 2022. A partire dal 2021, rileva il rapporto Ice, l’incremento del valore delle importazioni è stato caratterizzato dalla crescita eccezionale dei prezzi dei beni energetici e, in misura più contenuta, di quelli intermedi. Il fenomeno ha segnato una ulteriore accelerazione nei primi mesi del 2022. Se continua così, si potrebbe addirittura conoscere “una riduzione delle esportazioni e degli acquisti dall’estero”, perché non più sostenibile.
I numeri in fin dei conti sembrano suggerire proprio questo. L’aumento dei prezzi dei beni importati, rileva il rapporto annuale Ice, ha avuto “un forte impatto negativo sul saldo della bilancia commerciale che, nel complesso dei beni, si è attestato a 44,2 miliardi di di euro nel 2021 (era pari a 63,3 miliardi nel 2020) e a -10,8 miliardi nei primi 5 mesi del 2022 (era pari a +23 miliardi nello stesso periodo del 2021)”. Anche il saldo per la componente al netto dei beni energetici, che nel 2021 aveva registrato un aumento, nei primi cinque mesi dell’anno si è deteriorato da 36,2 a 28,4 miliardi di euro. Considerando il solo aggregato dei beni intermedi il saldo commerciale ha segnato un deciso peggioramento rispetto allo stesso periodo del 2021, raggiungendo -10,3 miliardi di euro rispetto ai -280 milioni. In sostanza, “la crescita eccezionale dei prezzi dei beni energetici rappresenta uno shock per il sistema economico, che va monitorato per riscontrarne eventuali criticità”. La politica, a iniziare da quella nazionale, è avvisata.