Siamo ritornati indietro di 15 giorni a quell’1 ottobre, quando l’Iran lanciò missili su Israele. In quel tardo pomeriggio il prezzo del petrolio iniziò a galoppare rivedendo nei giorni successivi i massimi da 6 settimane. Il timore era di un vendetta israeliana sull’ex Persia, che a sua volta si sarebbe potuta rifare tentando di bloccare lo stretto di Hormuz, cioè la porta verso il mondo del greggio del Golfo Persico. Però prima la delusione degli investitori sugli stimoli promessi dalla Cina per rilanciare l’economia, poi le stime dell’Opec negative sulla domanda per il terzo mese consecutivo hanno iniziato a spingere al ribasso le quotazioni di Wti texano e Brent europeo. E oggi altri due colpi, uno di mercato e uno geopolitico, hanno fatto scappare ulteriormente gli acquirenti dell’oro nero.
A livello di mercato l’Aie, Agenzia internazionale per l’energia, ha annunciato che il mercato del petrolio si prepara a un consistente surplus l’anno prossimo, a causa di un’offerta abbondante e di una crescita della domanda in rallentamento. La domanda globale è prevista in aumento di soli 862.000 barili al giorno (bpd) quest’anno, a causa di una decelerazione dei consumi in Cina. E questo nuovo dato rappresenta una revisione al ribasso rispetto ai 903.000 bpd previsti nel rapporto del mese scorso. Per il 2025, la domanda crescerà sotto il milione di bpd, con una stima aumentata a 998.000 bpd rispetto ai 954.000 bpd precedenti. “La domanda di petrolio in Cina è particolarmente debole, con un calo di 500 kb/d su base annua ad agosto, il quarto mese consecutivo di diminuzioni“, ha osservato l’agenzia. Nel frattempo, l’offerta di petrolio da parte dei produttori al di fuori dell’accordo Opec+ è in aumento e dovrebbe registrare guadagni robusti di circa 1,5 milioni di bpd quest’anno e l’anno prossimo: Usa, Brasile, Guyana e Canada contribuiranno maggiormente a questo incremento, aumentando la loro produzione combinata di oltre 1 milione di bpd in entrambi gli anni, secondo l’Aie. E ciò supererà ampiamente la crescita della domanda prevista. L’agenzia ha infine evidenziato che, sebbene ci siano crescenti preoccupazioni sulla sicurezza dell’offerta di petrolio, il mercato appare ben fornito, inoltre, la capacità produttiva di riserva all’interno dell’Opec+ è ai massimi storici, con una capacità effettiva – escluse Libia, Russia e Iran – che ha superato comodamente i 5 milioni di bpd a settembre.
A proposito di Iran, Israele starebbe ascoltando le preoccupazioni degli Stati Uniti per un possibile attacco di rappresaglia alle infrastrutture energetiche di Teheran. “Ascoltiamo le opinioni degli Stati Uniti, ma prenderemo le nostre decisioni finali in base ai nostri interessi nazionali”, ha affermato l’ufficio di Benjamin Netanyahu, secondo quanto riportato da Bloomberg. Una dichiarazione rilasciata dopo che il Washington Post ha riferito che Netanyahu aveva detto al governo statunitense che Israele avrebbe preferito colpire obiettivi militari in Iran, piuttosto che impianti petroliferi e nucleari. Risultato finale: prezzo del Wti in calo del 5% circa a 70 dollari al barile e quotazioni del Brent in discesa del 4,9% a quota 73,7 dollari.