L’auto (elettrica) tira il freno a mano. Prima Tesla, poi Ford e Gm passando per Stellantis subiscono una seduta di passione in Borsa dopo aver diffuso risultati deludenti, soprattutto a causa di pesanti perdite legate ai veicoli a batteria.
Le azioni Ford hanno perso oltre il 17% nelle prime ore di contrattazioni di giovedì, avviandosi a registrare il peggior calo dal 2009, dopo che la società ha comunicato un risultato netto di 1,8 miliardi di dollari rispetto a 1,9 miliardi. Pesa il segmento EV con ricavi pari a 1,1 miliardi di dollari, -37% sul secondo trimestre del 2023 e con utili prima di interessi e imposte negativi per 1,143 miliardi di dollari, con un margine EBIT negativo del 99,5%. La perdita totale di questo segmento per l’intero anno è prevista in 5,5 miliardi di dollari.
Perde meno Gm, -4%, la quale martedì ha dichiarato che sta rallentando nuovamente i suoi piani per i veicoli completamente elettrici, ritardando ulteriormente la costruzione di un secondo stabilimento statunitense per la produzione di camion elettrici e del primo veicolo elettrico del marchio Buick. Il ritardo di sei mesi nella riorganizzazione dello stabilimento di camion elettrici nel Michigan, fino alla metà del 2026, significa che Gm non raggiungerà l’obiettivo precedente di raggiungere una capacità produttiva nordamericana di 1 milione di veicoli elettrici entro il 2025.
Stellantis lascia sul terreno oltre l’8,6% mentre le azioni di Tesla rimbalzano dopo aver chiuso mercoledì in ribasso del 12%. Martedì la società di Elon Musk ha dichiarato che i ricavi delle auto sono scesi del 7% rispetto all’anno precedente a 19,9 miliardi di dollari, mentre anche i margini sono scesi. L’azienda è stata costretta a tagliare i prezzi a livello globale e a offrire sconti e incentivi, poiché deve far fronte al rallentamento delle vendite e alla crescente concorrenza, soprattutto in Cina.
“Il mercato prende atto che l’elettrico presentato come sostituto uno a uno del motore termico in poco tempo, rincorrendo la Cina sul calo dei prezzi che non ha come obiettivo guadagnare ma aumentare la sfera di influenza geopolitica, porta a risultati economici negativi. La domanda dei consumatori è sotto il sentiero idealmente atteso, i finanziamenti poi costano di più per gli alti tassi… il mercato ne sta prendendo atto – commenta a GEA Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di Intermonte – potrebbero essere le stesse aziende dell’auto a chiedere di rallentare i tempi… vedi Ford. Sul fronte chip, dopo i forti rialzi in vista degli sviluppi collegati all’AI, ora si inizia a prendere in considerazione anche il contesto geopolitico in prospettiva più votato alla guerra commerciale. In ogni caso per supportare la domanda e anche i conti pubblici, in un mondo sempre più indebitato, c’è urgenza di ridurre il costo del denaro senza aspettare che l’inflazione arrivi al 2%, per evitare di finire in una recessione. La parola passa alle Banche Centrali, attese tagliare i tassi e progressivamente rimettere liquidità nel sistema in caso di necessità”.
Secondo Cesarano, “il calo degli indicatori Pmi e soprattutto Ism Usa, a cui do più peso, si era già visto a giugno e poi c’è una serie di indicazioni del mercato del lavoro da monitorare, la parte micro conferma segnali di rallentamento dell’economia Usa e poi ho visto ieri un ex membro autorevole della Fed, William Dudley, che su Bloomberg ha scritto che c’è un rallentamento forte, sottolineando che è inutile tenere tassi fermi fino a settembre spingendo per un taglio già il 31 luglio”. D’altra parte, “queste trimestrali arrivano in un momento in cui, grandi gruppi come ad esempio Google o Apple non hanno la possibilità di incrementare piani di buyback (riacquisto di azioni, ndr) e dividendi, dal momento che lo hanno già fatto nelle ultime due tornate di pubblicazioni di trimestrali. Ora è chiaro che se ti presenti con utili anche non brutti, ma senza buyback aggiuntivi, allora il mercato tende ad essere più esigente sul fronte utili”. Da ricordare inoltre, per Cesarano, ” che piani già annunciati sono sospesi durante le settimane di pubblicazioni delle trimestrali (cd black out period). Alla base dunque dei forti ribassi di questi giorni c’è la parte micro e il tema della liquidità, oltre al contesto geopolitico che preannuncia un’intensificazione della guerra commerciale Usa/Cina e non solo”.
In tutto questo “non credo a un taglio adesso della Fed, semmai a luglio la Fed potrà modificare il comunicato (ad esempio con un’inflazione non più definita elevata) per far capire che la stagione dei tagli si avvicina. Oltre ai tagli la Fed potrebbe anche stoppare completamente il Quantitative Tightening”. E sul forte calo delle materie prime “sono antefatti di una situazione emergenziale, certificata dal mondo micro e appunto dalle commodity per indurre le Banche Centrali, specie la Fed, a intervenire…”