Nadia Linciano è la responsabile del Centro studi economici di Consob. La sua attività, visto che la transizione green è ai primi punti delle agende dei governi occidentali, si concentra sempre sull’osservazione e sull’educazione alla finanza sostenibile. In base all’ultima ricerca riferita ai primi sei mesi del 2002, sul fronte dell’offerta di strumenti finanziari sostenibili, l’Europa vede confermato il suo ruolo trainante: l’aggregato globale delle emissioni di obbligazioni Esg è infatti riferibile ai Paesi europei per il 50% circa mentre il patrimonio di fondi comuni di investimento Esg europei pesa più dell’80% sul dato globale. Inoltre nel primo semestre le obbligazioni green costituiscono il 60% del totale emesso, seguite dalle obbligazioni sostenibili (ossia legate al finanziamento di progetti o attività con impatti positivi sotto il profilo sia ambientale sia sociale e pari al 26% del totale) e dalle emissioni social (ossia finalizzate a finanziare progetti a impatto sociale positivo, pari al 14% del totale). I risparmiatori, a marzo 2022, hanno potuto contare su quasi 5 mila fondi europei, con un patrimonio complessivo prossimo a 2.300 miliardi di dollari, in crescita del 40% rispetto al primo trimestre dell’anno precedente. Analoga tendenza si è osservata in Italia, dove alla fine del primo trimestre del 2022 il numero di fondi Esg era superiore a 1.900 (1.266 a marzo 2021), mentre il patrimonio promosso si era portato a 431 milioni di euro (295 a marzo 2021).
Dottoressa Linciano, i risparmiatori retail chiedono di investire in sostenibilità o sono interessati solo al rendimento?
Il discorso è articolato, dal nostro ultimo rapporto sulle scelte di investimento delle famiglie, dati 2021, emerge che chi si dichiara informato sugli investimenti sostenibili è una percentuale contenuta, il 37% dei decisori finanziari, che dice di essersi informato o di esserne venuto a conoscenza soprattutto tramite internet. Invece quando spieghi al risparmiatore cosa significa investimento sostenibile, la percentuale sale al 73%.
Però saranno interessati al rendimento…
Certo, tra i nostri intervistati, specialmente i piccoli investitori, il 9% pensa solo alla sostenibilità, mentre il 28% è interessato solamente agli aspetti finanziari, dal rendimento al rischio. Ci sono però interessanti situazioni intermedie.
In che senso?
Il 24% si dice interessato all’investimento sostenibile purché ci sia rendimento minimo, mentre il 26% punta all’aspetto finanziario a patto che non vada a detrimento della sostenibilità. Infine c’è un 13% che non sa come orientarsi…
Lei ha spiegato che tanti risparmiatori diventano sostenibili quando scoprono di cosa si tratta. L’educazione finanziaria dunque è fondamentale per il retail. Però anche l’emittente dovrebbe forse provare a farsi capire di più?
Aggiungo una terza figura, l’intermediario, che dal 2 agosto per legge è obbligato a diffondere certe informazioni sul proprio sito e non solo, dopo la revisione della Mifid II legata alla direttiva Sdfr. Inoltre l’intermediario, quando fa la valutazione di adeguatezza della prestazione per profilare il cliente, deve chiedere le preferenze di sostenibilità del cliente e, fra i vari settori, quanto vorrebbe investirci.
Forse serve qualcosa per stuzzicare o convincere meglio il risparmiatore a investire in sostenibilità?
Abbiamo infatti chiesto, nelle nostre indagini, cosa ti potrebbe convincere per investire sostenibile? Ebbene, il 21% vorrebbe sapere meglio come il suo investimento abbia un impatto effettivo sulla tutela dell’ambiente o sui valori Esg, c’è poi un 18% che vorrebbe una certificazione affidabile, una sorta di bollino blu. E poi è interessante un altro 20% che apprezzerebbe ci fossero incentivi fiscali all’investimento.
Si parla da anni di educazione finanziaria, voi in Consob avete in campo numerose attività. Ma c’è un modo per arrivare al retail?
In questo senso un grande contributo dovrà arrivare dall’industria del risparmio soprattutto con gli obblighi legati al regolamento Sdfr. Pensi che nel sottocampione dei clienti che hanno un consulente, circa il 30%, lo stesso consulente diventa il canale informativo più importante e cala Internet.
Visti i numeri del vostro ultimo report, comunque la foresta sembra crescere…
Sì, c’è una spinta al potenziamento dell’eco-sistema informazione. Ora sappiamo cosa si intende per finanziamento sostenibile e si stanno mettendo le basi per un linguaggio comune. Tante società infatti danno rating Esg e piano piano si sta iniziando a lavorare per arrivare a un rating condiviso, per arrivare a comparare i vari giudizi…
Quando si parla di educazione, viene subito in mente la scuola, l’università. A che punto stiamo del percorso educativo finanziario?
Stiamo insistendo tantissimo sia come Edufin che come istituzioni. Stiamo lavorando molto con i professori, nella formazione dei docenti che possono trasferire i contenuti ai loro studenti. Consob ha sviluppato un format ‘Finanza, storia da raccontare, dal baratto al bitcoin’… Facciamo sessioni di formazione, realizziamo quaderni di educazione finanziaria. Serve comunque una azione di sistema. Nel giro delle ultime audizioni parlamentari, a inizio 2022, sul tema dell’educazione finanziaria a scuola, abbiamo insistito sul fatto che vada introdotta dentro la materia educazione civica. C’era in questa direzione un disegno di legge in discussione presso la Commissione Istruzione al Senato. Speriamo si muova qualcosa…