Londra blinda il settore acciaio: “Troppo strategico per regalarlo alla Cina”
Il governo cinese ha esortato il Regno Unito a "non politicizzare" la questione British Steel. Londra aveva dichiarato di essere stata "ingenua a consentire a un'azienda cinese di assumere il controllo" degli altiforni, prossimi alla chiusura.

Il governo cinese ha esortato il Regno Unito a “non politicizzare” la questione British Steel, dopo che il ministro del Commercio britannico, Jonathan Reynolds, aveva dichiarato che il Regno Unito è stato “ingenuo a consentire a un’azienda cinese di assumere il controllo” degli ultimi altoforni del Paese, prossimi alla chiusura. “Ci auguriamo che il governo britannico tratti le aziende cinesi che investono e operano nel Regno Unito in modo equo e imparziale e tuteli i loro legittimi diritti e interessi”, ha dichiarato oggi Lin Jian, portavoce del Ministero degli Esteri cinese, che ha sollecitato Downing street a “evitare di politicizzare la cooperazione economica e commerciale o di collegarla eccessivamente a questioni di sicurezza, in modo da non minare la fiducia delle aziende cinesi che normalmente investono nel Regno Unito“.
British Steel era stata acquisita nel 2020 dalla società cinese Jingye, durante il governo Johnson. “Come Paese, abbiamo commesso degli errori in passato – aveva rimarcato Reynolds -. Personalmente, non permetterò a un’azienda cinese di entrare nel nostro settore siderurgico. È un settore molto delicato”. Il gruppo Jingye a fine marzo aveva annunciato di voler spegnere i due altiforni di Scunthorpe, nell’Inghilterra settentrionale, gli ultimi ancora operativi nel Regno Unito, a causa della “mancanza di redditività”. Una decisione che mette a rischio 2.700 posti di lavoro. Dopo infruttuose trattative con l’azienda, sabato il governo britannico aveva approvato la legge d’emergenza che obbliga la British Steel a continuare a operare, pena sanzioni: gli altoforni non potrebbero più essere riaccesi se venissero spenti o se la loro temperatura scendesse troppo. L’obiettivo attuale del governo è trovare un “partner privato che investa nel sito, anche se l’opzione più probabile nell’immediato futuro è la nazionalizzazione“, ha confermato a Sky News il segretario al Tesoro, James Murray. “Abbiamo bisogno di una capacità produttiva di acciaio nel Regno Unito per la nostra sicurezza nazionale”, ha insistito. Le aziende e i fondi cinesi detengono partecipazioni, spesso di minoranza, in diverse aziende britanniche, come il più grande fornitore di acqua del paese, Thames Water, l’aeroporto di Londra Heathrow e anche nel settore energetico. “Dobbiamo essere chiari sui tipi di settori in cui possiamo collaborare e, francamente, su quelli in cui non possiamo”, ha affermato Reynolds.
Oggi il governo ha avviato una fornitura d’urgenza di coke per gli altiforni e la stessa British Steel ha annunciato la nomina di un amministratore delegato e di un direttore commerciale, il cui ruolo sarà quello di “garantire un futuro sicuro e sostenibile per la produzione della British Steel”. Diverse aziende, tra cui il colosso indiano dell’acciaio Tata Steel, si sono mobilitate, offrendo in particolare materie prime. Secondo Murray, il sito “perdeva 233 milioni di sterline (269 milioni di euro) all’anno”, ma se fosse stato chiuso, “il governo britannico sarebbe stato costretto a intervenire e i costi avrebbero potuto superare di gran lunga il miliardo di sterline”. La produzione britannica di acciaio è molto bassa (5,6 milioni di tonnellate nel 2023), ma 37.000 posti di lavoro dipendono dal settore. Come il resto del mondo, il settore siderurgico nazionale sta soffrendo di una sovraccapacità produttiva che ha causato un calo dei prezzi.