Oltre metà italiani teme scarsità cibo. Coldiretti: Coltiveremo 1 mln ettari in più

L'annuncio del presidente Ettore Prandini: gli agricoltori italiani sono pronti a coltivare altro terreno per garantire la sovranità alimentare del Paese e ridurre la dipendenza dall’estero 

irrigazione

Gli agricoltori italiani sono pronti a coltivare un milione di ettari di terreno in più per garantire la sovranità alimentare del Paese, ridurre la dipendenza dall’estero e rassicurare oltre la metà dei cittadini italiani che ha paura che il cibo non arrivi più sulle tavole a causa degli sconvolgimenti globali legati alla guerra. Ad annunciarlo, il presidente di Coldiretti Ettore Prandini al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione di Roma. Illustra il piano per aumentare la superficie agricola coltivata e invertire una tendenza che nel giro degli ultimi cinquant’anni ha visto scomparire un campo agricolo su tre. Un crollo della capacità produttiva che ha aumentato drasticamente gli arrivi di prodotti alimentari dall’estero, con un incremento del 30% dei primi otto mesi del 2022, secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat. Il risultato è che oggi l’Italia è dipendente ed è costretta ad importare i 3/4 (73%) della soia, il 64% della carne di pecora, il 62% del grano tenero, il 53% della carne bovina, il 46% del mais, il 38% della carne di maiale e i salumi, il 36% dell’orzo, il 35% del grano duro per la pasta e il 34% dei semi di girasole, mentre per latte e formaggi ci si ferma al 16%, secondo l’analisi del Centro Studi Divulga.
“La pandemia prima e la guerra poi hanno dimostrato che la globalizzazione spinta ha fallito e servono rimedi immediati e un rilancio degli strumenti europei e nazionali che assicurino la sovranità alimentare come cardine strategico per la sicurezza – ha aggiunto il presidente della Coldiretti – ma ciò sarà possibile solo attraverso interventi urgenti e scelte strutturali”.  La spinta a incrementare la produzione nazionale per garantire al Paese cibo di qualità, sostenibile e al giusto prezzo viene dagli stessi cittadini italiani, con l’88% che chiede di aumentare gli investimenti pubblici in agricoltura e che il 93% che vorrebbe fosse incrementata la produzione nazionale di prodotti agricoli, secondo Coldiretti/Censis.

L’urgenza è lavorare sulle infrastrutture e in particolare sul sistema degli invasi artificiali, con la realizzazione di oltre 220 invasi che darà la possibilità di rendere irrigui quasi 500.000 ettari. I laghetti consentirebbero di produrre energia da fonti rinnovabili, sia attraverso la realizzazione di circa 350 impianti fotovoltaici galleggianti, sia attraverso il processo di produzione idroelettrico. In totale 7 milioni di megawattora all’anno. Per recuperare terre fertili è poi necessario, per Prandini, promuovere processi innovativi di affidamento e gestione dei campi abbandonati o in fase di abbandono per altri 500.000 ettari. Un piano combinato che porterebbe un incremento del valore aggiunto agricolo per circa 3 miliardi di euro con la creazione di 200.000 nuovi occupati in agricoltura, secondo le previsioni Coldiretti.

Per ridurre la dipendenza energetica e alimentare dall’estero l’Italia non può fare a meno del Pnrr, per il quale, insistono i coltivatori diretti, “serve il massimo impegno di tutti per non rischiare di perdere quella che è un’occasione irripetibile“. Pensano all’importanza dei contratti di filiera ma anche agli investimenti sulla digitalizzazione con lo sviluppo di applicazioni di agricoltura di precisione, dall’ottimizzazione produttiva e qualitativa alla riduzione dei costi aziendali, dalla riduzione al minimo dell’impatto ambientale con sementi, fertilizzanti, agrofarmaci fino al taglio dell’uso di acqua e sul consumo di carburanti. In quest’ottica, avverte Coldiretti, è “importante anche accelerare sul riconoscimento del ruolo delle nuove tecniche di evoluzione assistita (Nbt) per investire sulla genetica green capace di tutelare l’ambiente, proteggere le produzioni agricole con meno pesticidi e difendere il patrimonio di biodiversità“.

Occorre infine agire sui ritardi strutturali della logistica e sbloccare tutte le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra Sud e Nord del Paese, ma anche con il resto del mondo, superando il gap che ci separa dagli altri Paesi. Un passo fondamentale per una ulteriore crescita delle esportazioni, necessaria a soddisfare una “fame” di italianità nel mondo che troppo spesso è oggi “coperta” dal fenomeno dell’italian sounding, i prodotti tricolori taroccati il cui valore – ha concluso il presidente di Coldiretti – ha raggiunto la cifra astronomica di 120 miliardi di euro.