Coldiretti per tre giorni ha preso la residenza al Castello Sforzesco di Milano per promuovere, con Campagna Amica, le eccellenze del made in Italy e per lanciare un messaggio chiaro, come ha fatto il presidente Ettore Prandini, alla politica e alle istituzioni: questo caro-energia è insostenibile, servono subito provvedimenti.
Presidente Prandini, inflazione +8,9%, carrello della spesa +11,1%: cosa rischia l’agricoltura italiana?
“Di non riuscire a far fronte alle sfide e agli impegni che ci vengono richiesti dal mercato, perché tante imprese potrebbero non farcela in termini economici. Con l’aumento dell’inflazione e delle bollette, secondo uno studio che abbiamo commissionato, più di un italiano su due sta già tagliando la spesa nel carrello, con un effetto a valanga sull’intera filiera agroalimentare che dal campo alla tavola vale 575 miliardi di euro, quasi un quarto del Pil nazionale, e che impiega ben 4 milioni di lavoratori tra 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio. Occorre dunque lavorare per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi, fissando prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali e alle speculazioni. Certo è che prima di tutto bisogna intervenire subito per contenere il caro energia ed i costi di produzione con misure immediate per salvare aziende e stalle e strutturali per programmare il futuro”.
Quanto pesa il caro-energia per le vostre aziende?
“Nelle nostre campagne un terzo delle aziende sta lavorando in perdita a causa di rincari dei costi che vanno dal +250% dei concimi al +95% dei mangimi, passando per un +110% del gasolio fino al +300% delle bollette per pompare l’acqua per l’irrigazione dei raccolti. Il risultato è un aggravio medio di oltre 17mila euro per azienda, mentre crolla il valore aggiunto del 42%. Ma è tutta la filiera alimentare che sta subendo violenti rincari, basti pensare che il vetro costa oltre il 50% in più rispetto allo scorso anno, poi c’è il +15% del tetrapack, +35% per le etichette, +45% del cartone, +60% per i barattoli di banda stagnata, fino ad arrivare al +70% della plastica. Siamo qui in questi giorni a Milano per ribadire che non c’è tempo da perdere e bisogna intervenire subito perché la drammatica situazione dei costi delle imprese agricole minaccia direttamente la disponibilità di prodotti per le forniture di cibo alle famiglie italiane con uno choc dal punto di vista alimentare, economico e occupazionale a livello nazionale”.
La leadership del made in Italy è a rischio?
“Stiamo mantenendo la leadership anche perché le nostre imprese, per non perdere quote di mercato, fanno sacrifici enormi, non scaricando l’aumento dei costi sul consumatore, italiano o estero, perché vogliamo continuare a competere. Questa situazione però possiamo fronteggiarla per un lasso abbastanza breve di tempo. Se perdurasse, gli interventi decisi da altri Paesi rischiano di creare una forma di concorrenza sleale, perché noi avremo un costo pieno dell’energia mentre i nostri competitor avranno prezzi più bassi”.
Serve un scostamento di bilancio come in Germania?
“Serve l’abbassamento immediato dei costi energetici. La Spagna l’ha fatto, la Francia anche, la Germania si appresta a farlo mettendo sul tavolo 200 miliardi. Per questo spero in provvedimenti immediati, fatti da questo esecutivo. Scostamento? La politica faccia le sue scelte, però c’è stato un aumento significativo degli introiti dello Stato legati al maggior costo dell’energia elettrica: più tariffa uguale più quota parte di gettito. Ecco, io chiedo allora che tutto quello che ha portato maggior gettito sia riversato a imprese e famiglie per abbassare i costi. Bisogna uscire dal meccanismo che considera solo il problema degli energivori, i quali ovviamente meritano attenzione, ma ci sono anche altri settori che magari consumano meno energia ma valgono un quarto del Pil. L’abbassare subito i costi energetici è una risposta di carattere sociale, altrimenti i cittadini assisterebbero ad ulteriori rincari agro-alimentari”.
Lei propone di creare un ministero della sovranità agro-alimentare. Cosa intende?
“Noi, rispetto ad altri Paesi europei, abbiamo una serie di deleghe e competenze frammentate in tanti ministeri. Lasciamo stare la Sanità, ma se riunissimo appunto deleghe e competenze di Mise e Transizione ecologica con quelle agro-alimentari, saremmo più veloci e più tempestivi e perderemmo meno tempo nel presentare documenti. Anche qui, serve coraggio nel cambiare i meccanismi. Nell’arco di 10 anni, secondo noi, potremmo poi iniziare a fare investimenti infrastrutturali per migliorare le inefficienze nella filiera o nella logistica, sul fronte dell’internazionalizzazione, sulla possibilità di produrre energia, sui cambiamenti climatici… Penso ad esempio ai bacini di accumulo. Perché la gestione non è dei consorzi che hanno già le competenze?”