Sul frontone del tempio di Apollo a Delfi, oltre al ben noto ‘Conosci te stesso’, campeggiava anche un altro invito, quello alla moderazione: ‘Nulla di eccessivo’. Suggerimento fatto proprio anche dai latini con l’oraziano ‘Est modus in rebus’, ‘C’è una misura nelle cose’. Ed è proprio questo richiamo ad evitare gli eccessi e le decisioni estreme che ora viene rivolto alla Commissione europea che il 12 gennaio scorso ha deciso di consentire all’Irlanda di etichettare con l’alert ‘Nuoce alla salute’ le bottiglie di alcolici, vino compreso. I produttori italiani sono in allarme; l’export di vino nostrano infatti nel 2022 ha raggiunto un valore di otto miliardi di euro, per un volume di 21,5 milioni di ettolitri. Mentre l’export italiano in Irlanda vale 42 milioni di euro, per un volume di 120.000 ettolitri. Alla luce della decisione di etichettare il vino come pericoloso per la salute, ci potranno essere ripercussioni per il nostro export?
“Al di là delle esportazioni – spiega a GEA Luigi Scordamaglia, presidente di Filiera Italia, la fondazione nata per sostenere e valorizzare il cibo 100% italiano – preoccupa l’effetto domino che potrà verificarsi in ogni Paese. Se passa il principio che nei confronti del vino è necessario approvare una decisione simile, in maniera criminalizzante, senza distinguere tra uso e abuso, tra consumo consapevole e leggerezza, sarà un vero problema per i nostri prodotti certificati di origine protetta e di qualità. Questa decisione legittima un fenomeno che può estendersi a tutti i Paesi in aperta violazione delle leggi sugli scambi nel mercato interno”.
Ma non è solo l’aspetto economico a preoccupare. Scordamaglia sottolinea anche l’importante valore culturale e alimentare rappresentato dal vino. “Se prendesse piede questo convincimento, che il vino ‘nuoce alla salute’, – prosegue – si andrebbe a caratterizzare in maniera negativa un prodotto che in Italia è comparso nel 4.100 avanti Cristo in Sicilia e che da allora ha caratterizzato la storia della nostra civiltà e di tutte quelle del Mediterraneo. Inoltre il consumo consapevole di vino ha contribuito a portare noi e i giapponesi ad essere i popoli più longevi al mondo. Demonizzare il vino potrebbe quindi dare una spallata alla dieta mediterranea, vista da tutti come una dieta sana ed equilibrata”.
Scordamaglia, sul lato procedurale, parla dunque di un “comportamento pilatesco della Commissione europea – spiega – che ora rende difficile forme di ricorso”; ma il settore valuta comunque un ricorso alla Corte di Giustizia per contestare il via libera alle etichette concesso dall’Ue all’Irlanda. “Abbiamo assistito a un gravissimo comportamento deciso a tavolino dalla Commissione – conclude il presidente di Filiera Italia – che viola un principio del mercato comunitario. La battaglia sarà dura, ma non ci arrendiamo all’idea di demonizzare un prodotto che sta alla base di una civiltà millenaria e ci rappresenta nel mondo”.