Tassone (panificatori Confcommercio): “Scostamento subito o addio pane”

Il presidente di Assipan-Confcommercio: "Qua ci sono 1350 imprese che potrebbe chiudere subito dall'oggi al domani. Abbiamo bisogno d'aiuto"

Antonio Tassone, presidente di Assipan-Confcommercio, rappresenta 30.400 panifici e 123mila addetti.

Presidente, una settimana fa aveva lanciato l’allarme: l’aumento esponenziale delle utenze del gas e dell’energia elettrica pongono a serio rischio la tenuta delle imprese della panificazione. Alcuni partiti propongono lo scostamento di bilancio, cioè fare più debito. Lei è favorevole?
“Penso sia inevitabile, chiediamo alla classe politica un po’ più di coraggio, di varare una manovra in deficit. Ci rendiamo conto che non sarebbe giusto appesantire la finanza pubblica ma serve la stessa azione d’urto che abbiamo visto col Covid. Non può essere ribaltata l’inflazione sul mondo della panificazione. Non basta la dilazione del pagamento delle bollette. Anche il credito d’imposta che abbiamo ottenuto è insufficiente, soprattutto se si continua a ragionare tra energivori e non energivori. Qua ci sono 1350 imprese che potrebbe chiudere subito dall’oggi al domani. Abbiamo bisogno d’aiuto”.

Qual è la dimensione dei rincari che subite?
“Le utenze del gas in alcuni casi hanno fatto +500% tra luglio 2021 e luglio 2022… Si lavora in perdita e non abbiamo prospettiva. La paura è che le materie prime continueranno a galoppare. Cosa succederà a ottobre con le farine? Noi ci attendiamo un +6-10% ulteriore aumento…”

Che prospettiva avete?
“La prospettiva è che produrre pane diventi diseconomico, per cui saremo costretti a sospendere la produzione. Non c’è possibilità d’uscita a questi livelli. Senza un maxi intervento pubblico lo Stato pagherà un prezzo sociale fra 100 giorni”.

E quanta autonomia avete?
“Cinquanta giorni, dopo di che il pane artigianale potrebbe sparire dalle tavole degli italiani”.

Alcuni vostri associati hanno già iniziato un auto-razionamento energetico?
“In diverse zone d’Italia, soprattutto nell’entroterra, la scelta è di chiudere 3 giorni a settimana. Tra l’altro alcuni imprenditori sono vessati doppiamente perchè avevano abbandonato la vecchia tecnologia di produzione con forno a legno, sfruttando gli incentivi 4.0, per passare a una tecnologia con elettroalimentati. Ma quando si sono visti arrivare certe bollette…”.

Non avete le spalle grosse come qualche altro settore…
“Le nostre sono piccole realtà – la media azienda nostra è composta da 4,6 unità lavorative – che hanno già attraversato una tempesta perfetta, dato che da settembre 2021 a giugno 2022 c’è stata una escalation delle quotazioni delle materie prime. Adesso la botta delle bollette: la ciliegina sulla torta che porta al baratro”.

Allargando lo sguardo ma rimanendo nel vostro settore, anche le pasticcerie soffrono…
“In molti casi c’è una ibridazione tra pasticcerie e panifici. Ma pure le sole pasticcerie devono sopportare dei costi fissi – dalle vetrine frigo fino agli abbattitori, sempre accessi ed altamente energivori – che conducono verso una scelta obbligata: fermarsi”.

È peggio questa situazione rispetto alle chiusure legate alla pandemia?
“Serve coraggio, servono manovre finanziarie di un impatto pari a quelle legate al Covid. Questa emergenza è peggio di quella pandemica”.