Il nuovo ciclo istituzionale e politico può iniziare. Il rapporto sulla competitività che la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha affidato a Mario Draghi sarà svelato lunedì, con tutti gli onori del caso. Una conferenza stampa che vedrà la presenza dei principali protagonisti, la committente – von der Leyen – e l’incaricato – Draghi – insieme sul podio per illustrare quello che altro non è che il documento programmatico della prossima legislatura europea. Un documento atteso, in ogni senso. Innanzitutto da un punto di vista di calendario. Previsto inizialmente per giugno, poi rinviato a luglio, e poi ancora. Ma è un rapporto atteso perché potrebbe imprimere quel cambio di passo di cui l’Ue ha bisogno se vuole tornare protagonista.
Quello che già è stato anticipato basta a capire la posta in gioco. E’ stato lo stesso Draghi a sottolineare la necessità di colmare quel “gap di produttività”, come lui stesso ha avuto modo di raccontare ai capigruppo del Parlamento europeo nei giorni scorsi, nel settore tecnologico. Settore, questo, strettamente legato alla messa a terra del Green Deal e dei suoi obiettivi. La doppia transizione richiede innovazione, e l’innovazione passa per le nuove tecnologie. Per von der Leyen il rapporto Draghi è lo strumento per garantire la continuità con il suo primo mandato, e permettere che dopo cinque anni di legislazione innovativa, sia pur contestata, si passi a cinque anni di esecuzione.
Il documento si articolerà attorno a cinque macro-capitoli: produttività, riduzione delle dipendenze, clima, inclusione sociale e ricette per i singoli settori. L’ultimo capitolo si svilupperà lungo dieci comparti, considerati come prioritari. L’high-tech sarà uno di quelli, e non di poco conto. Perché non c’è solo un mondo industriale da rilanciare, c’è la necessità di canalizzare investimenti in quel comparto, privati e pubblici. La questione finanziaria di per sé è delicata, soprattutto se come è probabile si suggerirà agli Stati membri di esplorare la via di nuove forme di debito comune sulla scia del meccanismo per la ripresa post-pandemica. C’è poi la questione ricerca. Innovare vuol dire sperimentare, e la ricerca presuppone sostegno finanziario. Ma non finisce qui. C’è anche la formazione e ancor più l’istruzione. Serviranno ingegneri e tecnici, personale altamente qualificato, e percorsi di studio all’altezza delle sfide. In una parola: riforme. Riforma del mercato del lavoro, riforma dell’università, riforma degli apprendistati. Competenze più nazionali che europee.
Von der Leyen sceglie una conferenza stampa anticipata rispetto ai lavori del collegio, perché mercoledì 11 settembre è prevista l’adozione del rapporto sullo Stato dell’unione energetica, materia sensibile, delicata e complessa, e sempre lo stesso giorno dovrebbe annunciare la struttura definitiva del nuovo collegio dei commissari, quello del suo secondo mandato. Si tratta dell’organizzazione in termini di vicepresidenze, quante e se esecutive, e quali portafogli. Non sono attese le assegnazioni delle deleghe, ma comunque il disegno della struttura politica. Un piatto troppo ricco per contenere anche il rapporto Draghi. Quest’ultimo ha già offerto una descrizione a grandi linee ai capigruppo del Parlamento europeo, non il documento vero e proprio, perché sarebbe stato uno sgarbo istituzionale non presentarlo prima alla Commissione, dimostrando l’intenzione di voler lavorare seriamente con tutte le parti chiamate a sostenere quello poi dovrà essere tradotto in proposte legislative, siano essere direttive o regolamenti, su cui l’Aula avrà voce e in capitolo. Con lunedì tutti ne sapranno di più, e non solo gli europarlamentari.