Mancano pochi giorni alla presentazione del nuovo piano decennale che delineerà la strategia di Terna per la Rete elettrica nazionale. La data indicata dall’amministratore delegato, Stefano Donnarumma, è il 15 marzo, ma finora nulla è trapelato. Per capire quali potranno essere i punti cruciali GEA ha interpellato Roberto Zangrandi, segretario generale di Edso (European distribution system operators), che riunisce 35 principali operatori del sistema di distribuzione dell’energia elettrica, tra cui 2 associazioni nazionali, che cooperano per garantire l’affidabilità dell’approvvigionamento elettrico in Europa. “Il piano decennale di Terna dovrà essere coerente con quelli di tutti i player del suo campo, che si chiamano Tso, acronimo di Transmission system operator”. E dovrà “necessariamente rispecchiare le grandi direttive di sviluppo dell’energia, preferibilmente verde e digitalizzata, in Europa”. Dunque, “è un piano che avrà sicuramente come priorità privilegiare le energie da fonti rinnovabili e inserirsi nella grande rete integrata europea”.
Ci sono due grandi fattori che Zangrandi indica per ogni strategia a lungo termine. “Oggi un piano decennale deve adeguarsi all’altissima digitalizzazione della rete – spiega -. Questo vuol dire reti in grado di interloquire con piattaforme tecnologiche digitali che consentano un dialogo fra le reti stesse e in tempo reale, con l’utilizzo anche dell’intelligenza artificiale. In modo da poter gestire la massa di energia rinnovabile che arriva dalla delocalizzazione della produzione elettrica, ovvero il progressivo aumento dei pannelli fotovoltaici sui tetti, che costituiranno in futuro una partecipazione importante alla produzione di elettricità. Così come i campi eolici e i campi solari: produttori e consumatori allo stesso tempo”.
Parlare solo di digitalizzazione, però, “è allo stesso tempo semplice e anche semplicistico”, avvisa l’esperto. “Perché ci sono imponenti investimenti, tra quelli fatti e quelli da compiere, non solo per una società come Terna”. Anzi, sarà necessario “soprattutto per i distributori di energia elettrica”. E “questo vuol dire essere in grado di accogliere sulle reti la generazione distribuita di energia da fonti rinnovabili”. Le cifre alzano – e di molto – il livello della sfida. Perché “prevediamo che di qui al 2030 ci vorranno circa 425 miliardi di euro, a livello europeo (ma potrebbero essere anche di più), per avere reti di distribuzione in grado di gestire i flussi di energia che arrivano dal ‘basso’ della rete, cioè dai ‘consumatori attivi’ e dai campi eolici e solari di piccola e media taglia, che poi andranno in piattaforme tecnologiche e integrati nella rete”.
Per questo i Tso, come Terna, per restare in Italia, dovranno “essere così flessibili da essere in grado di mettere in rete forti quantità di energia rinnovabile quando sono a disposizione”. Oltre, ovviamente, a dover “essere in grado di mettere in rete l’energia elettrica prodotta con mezzi tradizionali, quando queste fonti rinnovabili si troveranno in ‘bassa’”. Per far comprendere meglio, usa un esempio pratico: “La settimana scorsa in Germania non c’è stato sole né vento, quindi sono andati a carbone importando nucleare dalla Slovacchia, usando milioni di metri cubi di gas. Ecco perché quando nel Nord Europa c’è una giornata di cielo terso e sole battente sono tutti contenti”. Mentre in Paesi come l’Italia “ci sono giornate in cui potrebbe andare avanti solo a rinnovabile”.
La flessibilità delle reti, sia di bassa tensione che di alta, però “è possibile solo mettendo dei gran quattrini nella realizzazione delle smart grid”. La tecnologia, infatti, sta facendo passi da gigante. “Ci sono codici di rete, che regolano il traffico dell’energia elettrica un po’ come accade con il Codice della strada per i trasporti – sottolinea Zangrandi -. Sono linguaggi e procedure per permettere alle reti di interagire tra di loro”. Attualmente, dice ancora il segretario generale Edso, distributori e trasportatori, stanno lavorando a un Codice sulla flessibilità, “che permette di integrare le fonti rinnovabili e di gestire l’intermittenza, ovvero quello che è successo ad esempio in Germania”. Ma “più si digitalizza, più si è consapevoli della necessità di assicurare a queste reti una sicurezza estrema”. Per questo “stiamo realizzando, insieme con i trasportatori di energia elettrica, anche un codice per la cybersecurity”. Ecco perché “da osservatore esterno mi aspetto che i piani decennali dei trasmettitori europei abbiano già compreso affondo gli investimenti necessari per assicurare flessibilità e sicurezza cibernetica delle reti”. I rischi, infatti, esistono: “Lo abbiamo visto in Ucraina, con la rete che ogni tanto si ferma per gli attacchi e i tentativi di hackeraggio”.
Lo sviluppo della rete di Terna rientra anche in un altro progetto strategico, quello del governo Meloni, che lo ha denominato ‘Piano Mattei’. “Diciamo che non è sulla bocca di tutti in Europa, ma questo non è un giudizio”, risponde Zangrandi. Che ritiene “l’idea in sé è tutt’altro che bizzarra, anche se l’attuazione è sicuramente molto complessa, perché richiede uno sforzo aggiuntivo in termini di infrastrutture, sicuramente fattibile, ma che ha bisogno di una fluidità nel permitting, cioè nel processo di decisione politica, non è secondaria”. Alla mente gli riaffiorano i piani Desertec nel Sahara marocchino o “il sogno non implementato della ‘super rete’del Mediterraneo”, esempi non certamente forieri di grandi prospettive. Eppure quella di essere hub europeo dell’energia “è una possibile vocazione per l’Italia, che già è il terminale naturale di molte connessioni e potrebbe diventare ancora più un connettore non solo con gasdotti, ma anche con altre forme di energia”. L’importante, per Zangrandi, è tenere a mente sempre che “produzione, trasmissione e distribuzione di energia elettrica richiedono una visione, strategica e industriale, ad almeno 25 anni”. Dunque, “cambiare visione ogni 5 anni non è produttivo per nessun sistema industriale: energetico, né tantomeno economico”.