Dal Piano Mattei per l’Africa al Piano rinnovabili per l’Italia

La missione ad Algeri di Giorgia Meloni per fare diventare il nostro Paese l'hub Mediterraneo non deve fermare la scelta di rendere più facile l'accesso a eolico e solare

La prima missione di servizio all’estero di Giorgia Meloni (al netto dell’entrée a Bruxelles, della Cop27 a Sharm el Sheikh, del G20 a Bali e del summit sui Balcani occidentali a Tirana), ha una chiara – proprio perché dichiarata – deriva energetica. Il viaggio della premier in Algeria è infatti mirato a consolidare i rapporti con un Paese che è diventato nel corso del 2022 il nostro primo fornitore di gas – soppiantando la Russia – e che dovrebbe diventare il nostro interlocutore privilegiato per mettere a terra l’ambizioso Piano Mattei per l’Africa, come da programma dell’attuale governo.

L’Algeria viene considerato, al pari della Tunisia e sicuramente più della Libia, un partner affidabile perché la situazione interna è sotto controllo e non si profilano all’orizzonte contrasti politici né controversie internazionali. Non rileva, pare, che da qualche mese il flusso di gas in arrivo da Algeri sia diminuito perché nessuno pensa che la presidente del Consiglio si sia scomodata solo per questa ragione. C’è dell’altro, dicono. C’è di più. C’è un “ponte da costruire tra la sponda Nord e la sponda Sud del Mediterraneo”, la cartolina spedita dalla premier. Non a caso, Algeri è stata una delle capitali africane che Mario Draghi aveva frequentato nel momento di massima crisi energetica, quando lo spauracchio della chiusura dei rubinetti da parte di Vladimir Putin aveva innescato la psicosi dell’accaparramento di gas. Draghi che, tra l’altro, ha coccolato pure Congo, Mozambico e Libia. Rispetto al suo predecessore, però, Meloni vuole compiere un balzo in avanti allargando l’intesa algerina a idrogeno verde, rinnovabili e bioraffinerie, insomma tirando dentro anche l’energia pulita. L’obiettivo strombazzatissimo è quello fare dell’Italia un hub mediterraneo. Detto male: noi prendiamo gas, idrogeno eccetera eccetera dall’Africa, creiamo la rete di distribuzione e lo consegniamo (anche) ai nostri partner europei. Che intanto però si stanno muovendo in modo massiccio verso eolico e solare.

Ecco, proprio le rinnovabili meritano una riflessione a parte. Al netto della bontà del Piano Mattei per l’Africa – che per ovvi motivi non potrà avere un’attuazione immediata e che deve comunque trovare il consenso dell’Europa – la soluzione italiana dell’eolico e del solare non può essere trascurata. Se è vero che di fossili dovremo campare per i prossimi dieci anni, è altrettanto innegabile che le rinnovabili devono poter contare su un ‘boost’ per accelerare la transizione energetica. E qui si innesta il discorso del codice degli appalti e della burocrazia da sburocratizzare, delle Soprintendenze da rendere meno rigide, del dialogo con gli ambientalisti. Passaggi tutt’altro che scontati, ‘imbuti’ che rischiano di aumentare il ritardo di chi – cioè noi – è già in ritardo.
Il governo ha il compito di trovare la migliore delle soluzioni possibili per gli approvvigionamenti di gas ma ha il dovere di puntare sulle rinnovabili. Detto male: se ha ragione di esistere il Piano Mattei per l’Africa, ancora di più deve esistere un Piano rinnovabili per l’Italia.