Pare che per fare il pieno di e-fuel, carburante che ancora non esiste, ci vorranno a spanne più di duecento euro. Economico, in effetti. E pare che questa trovata tedesca, immediatamente accettata da Bruxelles, appartenga a una dimensione così futuribile e così scombiccherata che nessuno la stia prendendo seriamente in considerazione. Un esempio? Per produrre un litro di e-fuel servirebbero due litri d’acqua e siccome il tema della siccità – non italiana, non europea ma mondiale – sta angosciando animi e coscienze, immaginate bene come tutto ciò possa essere domiciliato nella dimensione ipotetica dell’irrealtà. Eppure la Ue ha prestato subito orecchio alla proposta della Germania e questo dettaglio (che dettaglio non è) deve fare riflettere.
Domanda: come mai l’e-fuel che non esiste sì e i biocarburanti che già esistono no? Perché l’alternativa offerta dall’Italia all’elettrificazione selvaggia delle auto è stata bocciata e quella profilata dall’esecutivo Scholz ha avuto invece presa rapida come il mastice? Si dirà che mentre l’e-fuel non inquina, i biocarburanti – ricavati attraverso scarti vegetali o animali , alghe e rifiuti legnosi – qualcos(in)a lasciano nell’aria. A non voler pensare male la discriminante sta tutta qui, in realtà come al solito sono gli interessi a determinare le strategie.
Ecco la ragione per cui a Bruxelles, al Consiglio dell’energia, l’Italia deve farsi sentire. Se le cose non dovessero cambiare, se quella direttiva non dovesse essere modificata accogliendo le logicissime considerazioni del nostro governo, prenderebbe corpo una bruciante sconfitta. E andrebbe in difficoltà l’intera filiera produttiva dell’automotive. Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, dovrà essere convincente e dovrà ottenere riscontri tangibili. Così come dovranno far valere il nostro buonsenso il ministro degli esteri, Antonio Tajani, e – nel caso – persino la premier Giorgia Meloni. L’e-fuel è una scappatoia virtuale, i biocarburanti possono accompagnare in concreto la transizione verso un mondo meno inquinato e decarbonizzato. Perché di transizione si parla, non di rivoluzione.
Tutto questo sbattersi in Europa – che rappresenta nel suo complesso l’8% dell’inquinamento totale: se non peantus, quasi – mentre i sauditi hanno appena investito più 13 miliardi di dollari per costruire raffinerie di petrolio in Cina per un totale di 700 mila barili al giorno. Ecco, viene in mente la storiella assai british della regina Vittoria che, scandalizzata, ordinò di mettere le mutande alle sue statue per coprirne le nudità. E poi si faceva possedere dallo stalliere.