Il punto di partenza è la dichiarazione congiunta che scaturisce dal quinto Business Forum Trilaterale che si è svolto a Berlino e ha coinvolto i presidenti di BDI, Confindustria e Medef. A pagina 4, al capitolo ‘Migliorare la competitività attraverso un quadro normativo favorevole alle imprese’, si legge questo: “Negli ultimi anni, le opportunità di investimento delle imprese nei nostri Paesi sono state fortemente limitate da un elevato numero di nuovi regolamenti e da procedure amministrative sempre più onerose, in contrapposizione all’esigenza di un quadro normativo favorevole alla crescita. In cinque anni, l’Unione Europea ha imposto alle imprese europee 5.422 pagine di testi aggiuntivi e 850 nuovi obblighi. La complessità amministrativa continua a crescere nell’Unione Europea, rendendo il clima per gli investimenti dell’UE molto meno favorevole rispetto ai nostri concorrenti globali e aumentando significativamente i costi di conformità per le aziende”.
Oltre cinquemila pagine di testi aggiuntivi e 850 nuovi obblighi in cinque anni significa una montagna di scartoffie, ore e ore di studi tecnico-legali per venire a capo di qualcosa e, soprattutto, inchiodando le aziende in un contesto mondiale in cui persino le lumache sono chiamate a correre. Siccome (in teoria) nessuno è masochista, quindi (sempre in teoria) nemmeno chi gestisce il carrozzone europeo, probabilmente si tratta ‘solo’ di una forma incontrollata di bulimia burocratica. Che se da un lato può contenere ragioni, dall’altro rischia di essere esiziale per l’economia.
Quelli del Trilaterale hanno fatto la lista dei disagi, giusto per fare capire che non si tratta di mugugni fini a se stessi: “L’obbligo di rendicontazione Esg per un numero crescente di imprese, le complesse regole di due diligence nelle catene di valore, le norme più severe sulle emissioni industriali, la proposta sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, la legislazione sulle sostanze chimiche, il regolamento sulla sicurezza generale dei prodotti, la normativa sull’imposizione fiscale minima e i sette grandi pacchetti legislativi sull’economia digitale sono tutti esempi di normative estremamente complesse che mettono a dura prova le imprese”, si legge. E si strabuzzano gli occhi. Possibile? Possibile, sì.
Le esasperazioni, in fondo, sono state il tallone d’Achille della Ue, specialmente nell’ultimo periodo. Perché se le imprese si ribellano all’Ufficio complicazioni affari semplici di Bruxelles, restano aperti i dossier roventi delle auto a motore endotermico, degli Euro 7, delle case green, del packaging, delle caldaie e delle pompe di calore. Tutti provvedimenti che se hanno una matrice ‘verde’ di innegabile valenza non possono fare a pugni con gli interessi di famiglie e aziende. Trattasi di transizione ecologica, non di rivoluzione. La speranza è che con le elezioni in arrivo gli estremismi lascino spazio al buonsenso delle cose fatte per bene.