Nei cento (e passa) giorni di attività, il governo di Giorgia Meloni ha dovuto giustamente e inevitabilmente concentrare la maggior parte dei suoi sforzi sul problema dell’energia: da un lato per frenare l’aumento delle bollette, dall’altro per disegnare nuovi scenari a livello di forniture energetiche. Nel primo caso ha ‘sacrificato’ la Manovra sull’altare degli aiuti per famiglie e imprese, nell’altro ha consolidato i rapporti con il Nord Africa, avviato le opere strutturali legate al rigassificatore di Piombino, accelerato grazie al sostegno di Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture, lo snellimento delle pratiche burocratiche per le rinnovabili. L’esecutivo ha fatto ciò che doveva, anche se si è attirato critiche quando ha deciso di riaccendere le accise sui carburanti ma, probabilmente, si tratta(va) di uno sforzo economico non più sostenibile.
Sulle strategie energetiche, molto è stato fatto in linea con quanto era stato imbastito dal governo precedente, in particolare dall’ex ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani. La battaglia sul price cap, ad esempio, è figlia del lavoro portato avanti per mesi a Bruxelles dal premier Mario Draghi e da Cingolani stesso. Cingolani che può contare su una credibilità enorme a qualsiasi latitudine, figlia di un curriculum altissimo e nobilissimo. Non a caso, la presidente del Consiglio avrebbe voluto dare continuità al suo lavoro al ministero ma è stato il professore a declinare l’invito per “riconquistarsi la vita”, aprendo solo a una consulenza esterna molto light. Resta innegabile, comunque, che oggi il suo successore, Gilberto Pichetto Fratin, raccolga i frutti dell’ottima semina fatta in un anno e mezzo di lavoro in condizioni sicuramente più delicate delle attuali. La visione di Cingolani e la sua competenza di tecnico, in poche parole, vengono capitalizzate anche a posteriori, a testimonianza che la strada imboccata era quella giusta. Una strada, adesso, meno in salita. O più in discesa.
Curiosamente assente nelle missioni strategiche per il piano Mattei in Algeria e in Libia – c’erano invece il ministro degli Esteri Antonio Tajani, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e l’ad di Eni Claudio Descalzi – Pichetto Fratin partecipa in Azerbaijan, assieme alla commissaria europea Kadri Simson, a un’importante meeting per il raddoppio del Tap. Uno snodo che, manco a dirlo, era stato caldeggiato da Cingolani per diversificare gli approvvigionamenti e renderci ‘liberi’ dalle catene con la Russia. Che, ad ogni modo, continua a fornirci gas anche se in misura minore. Baku è un crocevia decisivo per l’Italia che si è posta l’obiettivo di diventare l’hub energetico del Mediterraneo, da sfruttare al massimo e con il minimo sforzo, avendo la Ue come amica.