Legge sul ripristino natura, gli agricoltori e il punto di incontro da trovare in fretta
Ieri il Parlamento europeo ha dato l’ok alla Nature restoration law provocando la contrarietà del comparto agricolo. Come al solito, la soluzione sta nel buonsenso e non nell’intransigenza delle idee e dei programmi
Ci risiamo. A meno di ventiquattro ore dall’assedio di Bruxelles da parte dei trattori e dai ‘ripensamenti’ della Commissione Ue sulla Pac, ieri il Parlamento europeo ha dato l’ok alla legge sul ripristino della natura. Ora: al netto delle prese di posizione a seconda che la si veda con gli occhi della sinistra o della destra, di chi ha vinto o di chi ha perso, questa legge ha generato nuovi disagi all’interno del comparto agricolo. Non è un caso, infatti, che le associazioni si siano subito messe in posizione di attacco: da Confagricoltura alla Cia, fino a Coldiretti, è tutto un chiedersi cosa succederà al settore se davvero verranno applicate le norme studiate dall’Europa. Un’occasione persa, dicono, per coniugare il Green Deal con l’agricoltura. Unita alla sensazione di essere stati presi in giro, ieri. Cioè, un giorno si apre la porta a una accezione meno rigida dei regolamenti e il giorno successivo la si richiude a doppia mandata.
Come al solito, la soluzione sta nel buonsenso e non nell’intransigenza delle idee e dei programmi. Alzi la mano chi può non essere contento se ci sono regole che tutelano il territorio e la biodiversità, che si prendono cura del Pianeta in un contesto in cui i cambiamenti climatici stanno squassando la normalità. E’ una vittoria, certamente, ma come al solito ci va equilibrio. La Nature restoration law punta al recupero di almeno il 20% delle zone terrestri e marine danneggiate nei confini Ue e di tutti gli ecosistemi entro il 2050, in maniera da poter raggiungere gli obiettivi climatici e di protezione della natura e degli oceani. Per riuscirci i 27 Paesi dell’Unione dovranno ripristinare almeno il 30% di foreste, praterie, laghi e coralli. Una progressione a crescere: il 60% entro il 2050 e il 90% entro il 2050.
Ecco sono i tempi e le quantità a mandare in tilt il mondo agricolo che, faticosamente, aveva trovato pace in un lunedì indimenticabile per Bruxelles. Un mondo, però, che per primo dovrebbe brindare a un traguardo capace di tutelare la terra e il mare, gli ’asset’ primari di qualsiasi contadino, allevatore, viticoltore, pescatore. Il nocciolo del problema sta sempre lì, nel punto di incontro di interessi non divergenti ma differenti. Punto che solo la politica può individuare.