Price cap, il G7 ridà a Draghi ciò che il Consiglio europeo aveva tolto

Al di là del tetto al prezzo del gas, il premier - nel corso conferenza stampa al termine del G7 di Garmish - ha insistito sull'importanza delle rinnovabili, sulla valenza futura che avrà l'idrogeno e sulla scelta strategica di affacciarsi all'Africa per affrancarsi dalla Russia

Il G7 ha appoggiato le misure per limitare i costi dell’energia, i leader concordano sulla necessità di arginare i finanziamenti alla Russia. Abbiamo dato mandato ai ministri per lavorare con urgenza a un tetto del prezzo di gas e petrolio e a come applicarlo. La Commissione europea ha detto che accelererà il lavoro sul tetto al prezzo del gas. È una decisione che accogliamo con favore”. Quando ha pronunciato questa frase, a metà della conferenza stampa finale del meeting di Garmish, il premier Mario Draghi aveva la stessa faccia scolpita nella pietra di venerdì scorso quando, al termine del Consiglio europeo, aveva dovuto ammettere che il vertice d’urgenza auspicato per luglio dall’Italia sarebbe slittato a ottobre. Allora si trattò di un risultato comunque positivo in perfetto stile Allegri, di corto muso, adesso si può dire che – grazie alla sponda di Joe Biden per il price cap sul petrolio – il successo è pieno.

Di tetto al prezzo del gas, d’altronde, forse se ne discuterà prima dell’autunno, perché la situazione è sotto controllo ma non proprio tranquillissima. Draghi ha dovuto attendere pochi giorni per vedere accolte le sue istanze: pazienza. Ma al di là del price cap, il premier ha insistito sull’importanza delle rinnovabili, sulla valenza futura che avrà l’idrogeno, sulla scelta strategica di affacciarsi all’Africa per affrancarsi dalla Russia. L’adagio sull’erba pestata dagli elefanti in lotta tra loro ha introdotto il tema dei Paesi poveri – che non stanno né per Kiev né per Mosca – ma che potranno incidere sempre di più nel dialogo mondiale. Perché il premier ha raccontato con la consueta faccia imperturbabile ciò che invece dovrebbe turbare molti: gli Stati del G7 sono una minoranza del mondo. Potente e rumorosa, ma pur sempre una minoranza. Aprire al dialogo e compattare le fila è diventato un doverismo strategico: ieri è toccato a India, Indonesia, Sud Africa sedersi al tavolo del G7, in futuro spetterà ad altri. Evitare l’isolamento dell’Occidente è nodale nella stessa misura in cui è imprescindibile svincolarsi dal giogo russo.

Draghi ha carisma e viene ascoltato, ha spalle larghe e aderenze atlantiche di un certo tipo. E poi in Europa esercita un certo fascino. Anche sulla questione degli approvvigionamenti alimentari la posizione italiana, garbata ma fermissima, è stata apprezzata. In sintesi: bisogna sbloccare il grano in tempi brevi, lo sminamento dei porti può essere bypassato con corridoi sicuri, la stagione delle chiacchiere deve terminare, malgrado – come accade sempre più spesso – tocchi a Putin dire e dare l’ultimo sì. Saranno le sanzioni, definite “essenziali” la chiave per arrivare alla pace.